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mercoledì 12 dicembre 2012

STRISCE NATALIZIE ovvero COLORARE

Amo molto colorare. Più che fare yoga, più che correre, colorare mi rilassa. Il pensiero vaga e nel cammino si fa più leggero. Attingo il pennello e parto.
Ma si sa, per noi seri adulti, non c'è molto margine per colorare. O ci inventiamo artisti, o accompagniamo i nostri figli nei loro giochi oppure prendere e colorare così per così non ci giustifica appieno.

Per fortuna ci sono le scuole dei miei figli che mi mettono lì sul tavolo per una mattina intera. E non penso alla lucina della lavatrice che mi dice da ore che i panni sono pronti da stendere, e non penso alla lanuggine che gira per casa, ai vestiti dei bambini da tirar su, e nemmeno alle liste regali.
Studio da Lapappadolce, che non riuscirò mai a ringraziare abbastanza.
E ometto di fare tutto quello che lei segnala e dunque tutto il negativo della cosa emerge: il foglio non è per aquarelli e difatti fa le palline e i colori sono in pastiglia e di fatto non sono il massimo. Ma spesso noi principianti ci accontentiamo e tendiamo alla perfezione passino passino.


Coloro, tiro righe e taglio.


E' proprio vero che il colore apre porte.


Per il dietro uno il pastello a cera strisciato sulle vene del tavolo e poi ripasso con un colore diverso.


Acquarelli, pastelli a cera. 
E' bello usare cose poco utilizzate.
E mentre coloro mi ricordo piccolissima, un altro tavolo di legno e altri pastelli a cera, quelli di mia nonna paterna, più lunghi di quelli di adesso, più magri e con un buchino alla fine che mi divertivo a sbriciolare.


Niente. E' tutto qui. Un festone in diverse lingue da appendere sotto un antico portico di una cittadina brianzola.

lunedì 26 novembre 2012

SUL CASO

Io, il Due e l'Uno usciamo di casa tutte le mattine intorno alle 8.10 di mattina. A volte ci incolonniamo subito. A volte viaggiamo a passo d'uomo fino alla finale destinazione scolastica.
Durante questo tragitto abbiamo fatto delle amicizie.
Cioè noi sappiamo di essere amici di queste persone che incrociamo sul sentiero quotidiano, mentre loro non lo sanno. O meglio non sappiamo se anche loro ci hanno guardato, se anche loro aspettano che noi passiamo.
La prima nostra grande amica è una bambina che aspetta l'autobus che la porti a scuola. Ha i capelli lunghi tanti mossi e indossa sempre vestiti rosa. Rosa chiaro rosa scuro lilla viola. Abbiamo deciso che ha l'età di Uno, otto anni.
Quando noi svoltiamo lei è lì, rivolta verso di noi in attesa. Se non c'è è perché siamo molto in ritardo. Se si ammala ci preoccupiamo e ci chiediamo come sta? Cosa avrà? Il raffreddore? Il mal di gola?
Lei se è nuvolo ha sempre l'ombrello, al contrario dei miei bambini perché io mi dimentico sempre di dare loro l'ombrello. Una volta, una volta sola in tre anni, l'abbiamo vista parlare con qualcuno dal terrazzo sopra di lei.
Lei c'è. E' la nostra sicurezza.

Tornando da scuola c'è la nostra seconda amica, anzi la mia seconda amica.
E' una ragazza bellissima. Con lunghi tanti lisci capelli sempre raccolti. Ha uno sguardo scuro, penetrante, serio e vagamente doloroso. E' magra. No. E' più magra del magro. E' sottile. Il suo corpo è fatto di semplici linee tracciate a matita.
E cammina. Veloce. Cammina trascinando vestiti larghi. E' perfettamente truccata. Ha sempre il cappello quando è molto freddo. Io invece me lo dimentico sempre il cappello anche quando il freddo mi trapana le tempie.
Lei, la ragazza, la vedo che torna quando torno a scuola a prendere i bambini. Se non la incontro mi preoccupo. Le sarà successo qualcosa? Non starà bene?

Martedì scorso ho di nuovo iniziato il mio corso di yoga. Ma cambio tutto. Cambio giorno, cambio orario.
Sono lì, stesa sul tappetino. Attendo l'insegnante. Improvvisamente il mio occhio destro accoglie un movimento. Lento. Una figura nera. No. Delle linee nere che si muovono: la ragazza che cammina veloce. Lì al mio fianco.

Al momento reagisco male. No, tu devi stare là, a camminare veloce su quella strada. Poi comincio a osservarla. Rubo sguardi. Vedo l'eyeliner steso perfettamente. I piedi lunghi magri. E' alta. Io e lei vicine. Le uniche donne di quel corso a non essere nonne.

Respiro e la sento. E mi dico che è qui vicino a me e sì. Sta bene.

mercoledì 14 novembre 2012

LA BAMBINA CHE TESSEVA CON LE PENNE

Pochi giorni fa l'Uno si è ricordato del suo compagno che all'improvviso e all'insaputa di tutti si era trasferito in un'altra scuola. Ne avevo parlato qui, a proposito del provare dolore e del cercare di proteggere i propri figli.
"Chissà come sta?"
Mi chiede.

Capisco l'Uno.
Anche perché durante le scuole elementari avevo una compagna, Anna, a cui ero molto legata.
Era di origini toscane e sapevo che era in prestito in questa terra brianzola.
Aveva quest'accento meraviglioso e per me così esotico.
Aveva un fratello più grande e quando andavo a giocare a casa sua ci faceva sentire della musica strana e la loro camera era tappezzata di foto di David Bowie.
Vivevano in un appartamento di un bellissimo complesso centrale della nostra città, tanti appartamenti, un enorme giardino, tantissimi bambini il pomeriggio con cui giocare in cortile.
Solo ora mi rendo conto ripensando a lei, che negli anni a seguire la planimetria del suo appartamento è diventata per me la geografia familiare di tutti i romanzi che ho incontrato nella vita. Nel suo appartamento ho ambientato tutti i libri che ho letto e molti dei sogni a occhi aperti che ho fatto.

L'invidiavo perché aveva una cameretta in comune con suo fratello, mentre io ero isolata nella mia vasta e fredda stanza. L'invidiavo perché lei non poteva mai venire a casa mia, perché io il pomeriggio stavo dai nonni. L'invidiavo perché lei aveva una mamma che faceva le torte anche se non era festa. L'invidiavo perché i pomeriggi giocava con almeno una decina di amici e solo da lei si poteva fare un "guardie e ladri" decente.

Ma soprattutto ammiravo la sua calma, la sua compostezza, il suo sorriso dolce. E invidiavo le sue abilità: durante l'intervallo prendeva la mia o la sua penna colorata (quelle che si usavano negli anni ottanta, profumate da far venire il mal di testa) e cominciava con la punta a fare l'uncinetto. Ricordo il vago profumo della penna, i nostri grembiuli bianchi che si sfioravano, il silenzio di ammirazione e le sue magre mani che lavoravano.

Perché la mia era un invidia che si riversava solo su di me e che già a otto anni metteva in dubbio il mio stile di vita, le mie relazioni e sì un po' soffrivo, ma un po' mi sentivo un'eletta ad avere Anna accanto a me.

Lei è un'altra BDGO, che Stima ha così ben definito, ha un volto pallido pallido, corti capelli castani e due occhi blu grandi come il cielo.

Un giorno d'estate Anna mi dice che se ne va. Torna in Toscana. Anzi, non me lo dice lei, me lo dice sua mamma, alta alta, un giorno sulla porta di casa sua. Anna abbassa gli occhi come me, accomunate da un dolore inenarrabile.

Da brave amiche i mesi successivi ci scriviamo. Poi sempre più raramente. Fino al silenzio.

Io la cerco ancora Anna.
Ogni tanto digito il suo nome e cognome su fb. E analizzo invano i volti.
Ma lei non c'è mai. Devo convincermi forse che Anna deve restare lì, tra quei dolci e un po' struggenti ricordi.
E forse anche l'Uno lo deve fare.

lunedì 5 novembre 2012

MIO FIGLIO E' UNO SCULTORE ovvero SULLA SCUOLA BIDIMENSIONALE

Ieri sera io e il K. cenavamo senza gnomi, che già si erano rifocillati. Il Due si avvicina al tavolo con cartoncini, forbici, scotch e le cartine di alluminio dei soldini di cioccolato mangiati in precedenza.
"Cosa devi fare?"
"Una scatoletta per le cartine dei cioccolatini!"
"Come mai?"
"Perché ho sentito che se sbattono fanno una specie di musica."

E così ha cominciato a lavorare, prima ha fatto una bustina ma le cartine non suonavano. Poi ha capito, avrebbe dovuto lasciare più spazio. Ha ricominciato, di nuovo tagliato e di nuovo scotchato.
Questo è il risultato, e vi assicuro che il suono che fanno le cartine muovendolo, è meraviglioso:


"Sei uno scultore" gli ho detto ieri sera.
E lui mi ha guardato e mi ha sorriso, imbarazzato e felice.

Stamattina mentre rimettevo in sesto la sua stanza ripensavo a quel muro coi mollettoni appesi nella sua classe. Servono a tenere tutti i disegni dei 24 alunni. Il suo è vuoto. Vuoto. Nulla. Deserto.
Lui è uno scultore, mi ripetevo. E mentre stipavo ordinatamente le centinaia di pezzetti di lego nelle scatole me lo vedevo. Silenzioso creatore di opere in 3d. Dai lego ai kapla (la notte di halloween ha fatto coi kapla la città dei gormiti, sensazionale), dal cartone al legno, dalla plastica alle cannucce. Lui trasforma la forma.

Porta a casa da scuola oggetti inventati e come Archimede Pitagorico, li stipa nella sua cameretta perché bisogna 'lasciarli in mostra'.


Mio figlio ha 5 anni.
L'anno prossimo il grande salto.
Nella scuola primaria bidimensionale saprà continuare il suo percorso di scultore?
O verrà costretto tra le pagine di un quaderno a righe?
Lui deve toccare le sue creazioni.

La scuola dell'infanzia dove va ha organizzato una gita extra-orario per genitori e bimbi a Como, per vedere questa mostra
Io e lui. Solo io e lui senza fratelli. E lui che ammirava queste opere tridimensionali e gioiva. E fuori pioveva a dirotto. Sapete quei momenti perfetti? Ecco questo lo era. Per me e per lui ne sono sicura.

Curerò la tua passione mio Due. E' una promessa.

(Se passate da Como ve la consiglio davvero)


mercoledì 31 ottobre 2012

BISOGNERA' PUR RIDERE.

I tempi sono cupi. Le giornate uggiose e fredde.
Una notizia però ha riscaldato le giornate ai miei gnomi.
La teacher ha dato il permesso all'Uno e ai suoi compagni di venire a scuola travestiti oggi, per festeggiare Halloween durante l'ora di inglese.
E' bastato questo per scatenare il delirio in casa.
Euforia a manetta. Prove costume con il saccone dei travestimenti fino a giungere a questo risultato:



Perchè poi scatta l'effetto catena. Se una cosa la fa uno, allora la fa l'altro e l'altro ancora.
Ma non è bastato questo.
Hanno pure cominciato a produrre a manetta pipistrelli, teschi e zucche, perché quest'anno mamma, facciamo a casa nostra la festa da Halloween.



E dunque ora scrivo solo due righe perché qui fervono preparativi.
Gli scettici di Halloween cominciano a tentennare. D'altro canto una cosa ho imparato nel mio viaggio negli Stati Uniti, cioè che loro amano divertirsi, è una cosa seria per loro il divertimento e ci si applica, mannaggia.
La nostra festa dei morti trasuda tristezza e cordoglio e penitenza ed espressione contrita. E per quanto ci stia tutto questo amalgama di sentimenti, non lo si può imporre ai bambini.
E' molto europea questa giornata. E come al solito tendiamo a guardare gli Stati Uniti come i vecchi genitori guardano dei bambini che corrono al cimitero. Sdegnati li riprendiamo mentre loro corrono semplicemente perché è bello sentire il rumore dei sassolini sotto le scarpe.


lunedì 29 ottobre 2012

CLAUDIO MILANI ovvero VOCI maschili

Claudio Milani è un attore. Produce e mette in scena spettacoli per bambini.
Ieri pomeriggio tutta la famiglia MiV è andata allegramente a teatro.
Noi Milani lo amiamo molto. Abbiamo visto quasi tutti i suoi spettacoli. Lo abbiamo ospitato per la festa finale della scuola dell'infanzia.

Ieri presentava Voci. Dello spettacolo potete leggere in modo molto esaustivo qui nel suo sito, dove troverete anche delle schede didattiche con anche dei suggerimenti per delle attività da fare coi bambini.

Milani è bravo perché accende le storie che narra con delicatezza. Per chi lavora coi bambini, sa quanto sia difficile iniziare una storia, creare il silenzio senza zittire, agganciare gli sguardi di bambini anche molto piccoli. Lui lo fa con una naturalezza incredibile.
In pochi minuti la storia è già dentro di noi.

Milani è bravo perché ha stile e gusto. La scena estetica è curata in modo minimalista ed essenziale. Arriva puntuale allo spettatore, non ci sono orpelli. I suoi colori sono principalmente il nero (lui e lo sfondo) e il rosso che diventa il colore del sogno, del possibile, del buono, del risolutivo.

Milani è bravo perché è minimalista anche nella sua fisicità. Lavora sui piccoli particolari del corpo. Non giogioneggia, ma toglie toglie toglie tanto che un suo sguardo particolare fa ribaltare la platea dalle risate.

Milani è bravo perché è un narratore puro. La voce è la sua arma principale.
Una voce maschile, così affascinante per i bambini che hanno interlocutori per lo più femminili nella loro vita. La narrazione da voce maschile è molto bella. E' legata alla figura del padre che è al tempo stesso fonte di timore e di rassicurazione. Un orco con voce maschile terrorizza, ma allo stesso tempo quando la voce rassicurante del narratore risolve le storie, le paure si stemperano e i volti si distendono.

Ho visto molti spettacoli per bambini, ma mai ho assistito a eventi, come questo, che tenessero gli occhi di grandi e di piccini attaccati al palco così. Mai sentiti tanti genitori dirsi l'uno l'altro: "Hai visto? E' stato bellissimo!!" quasi dimenticando di aver portato il proprio figlio che satollo di storie adesso vuole solo le patatine.

Milani è bravo perché fonde i livelli, racconta cose ai bambini e cose ai grandi. Riesce a commuovermi sempre. Sempre. E a ben pensarci a me basta questo.

lunedì 22 ottobre 2012

LA TORTA FILOSOFICA

Le torte che vanno forte nell'anno del signore 2012 sono innanzitutto colorate.
Sono arzigogolate, difficili, astruse, creative, tematiche, multistrato.
Mi sono venute in mente l'altro giorno mentre giocavo a didò col Tre.


Col pongo va forte la torta e così quando ho tagliato le fette mi sono venute in mente quelle vere che spesso sono così.
E da lì mi è partito il trip cogitabondo.
Ho pensato che quelle torte sono un gioco, per lo più. Solo che le facciamo noi grandi e dunque dobbiamo dare loro una parvenza di utilità e così trasformiamo il nostro 'pongo da grandi' in zucchero da colorare e plasmare. Il gioco fine a se stesso è finito con le scuole medie.
In secondo luogo ho pensato, en passant, che i coloranti dopo lo zucchero sono di fatto il secondo ingrediente e che un po', ammettetelo, queste torte hanno tutte lo stesso sapore (molto buono!).
Infine ho pensato che riflettono molto i nostri tempi. Molto lavoro d'immagine, marketing della torta, il trend del colorante. E poi gli studi che la precedono: qual è l'hobby del festeggiato? E' uomo o donna? Fa qualche sport? 
E' divertente farla, penso. Forse più che mangiarla.
Infine parte l'ansia da competizione. Non si può fare sempre la stessa torta, ogni volta un colore in più, un piano in più, un bouquet intero, un bosco, la foresta amazzonica!
Non se ne esce più.

Insomma lo specchio dei nostri tempi.

Nessuno me ne voglia. Ho parecchie amiche che ne sfornano di bellissime.
La mia è solo filosofia, prendetela così.



venerdì 19 ottobre 2012

TUTTO CAMBIA DI CONTINUO


Per questo venerdì, homemademamma, ho scelto questo libro che mi è capitato in mano ieri in biblioteca. E' denso. L'abbiamo letto in un volo coi bambini affascinati e hanno voluto rileggerlo e rileggerlo.


In queste giornate nate da notti agitate e per molti insonni, questo libro, che parla di una bambina che non riesce a prendere sonno, è l'ideale.
Sono pensieri che nascono quando si è così, persi nel letto a guardare il soffitto con la lucina accesa. E ci si pongono le grosse domande, si seguono sentieri contorti che fanno camminare e vagare senza ricordare da dove si è partiti e dove si voleva arrivare.



E' un libro buio e nero ma al contempo così luminoso. Le poche parole sono accompagnati da illustrazioni mutanti.
E' su quello che si snoda il libro: il cambiamento, dal fiore all'umanità, tutto si muove:

Di notte le cose si muovono meno.
Dormono tutti. Gli animali, i fiori,
le persone. Tutti... tranne me.
Stasera non riesco a dormire.
Penso. Mi piacerebbe sapere che
cosa fa muovere tutto di continuo.
Cosa fa spuntare i fiori e muovere
le nuvole. Cosa fa crescere le mie 
braccia, i miei piedi, le mie mani...
Che cos'è? E' qualcosa sotto terra?

E per tutti arriva il momento in cui il cambiamento sembra terminato e ci si scontra contro l'apparente immobilità.




Ma basta cambiare noi, la nostra prospettiva e il nostro sguardo...



 ... per accorgersi che è solo un nuovo piccolo mutamento.


Qui le prime tre pagine.

martedì 9 ottobre 2012

SUL VALORE DELLO SCARTO ovvero FABBRICONE 2

Il lunedì è sempre una giornata dura. 
A volte inizia tranquillamente. Altre volte, tipo ieri, inizia con un figlio col mal di pancia e con un altro col mal d'asilo e tutto appare difficile. 
Poi può succedere, sempre di lunedì, che un progetto che stavi portando avanti in una scuola venga bocciato per un motivo futile e infantile. A volte vivere troppo a stretto contatto coi bambini fa male, pensi.
Cosa fare?
Io penso alle cose belle che mi aspettano. Alle persone belle che vedrò, magari il giorno dopo. Se sono proprio messa male programmo il fine settimana. Di lunedì.

Ieri è stato un giorno così, messo male. Ma avevo una bella cosa alle 17. Un incontro con una psicopedagogista alla scuola dell'infanzia, un incontro sull'uso artistico degli oggetti.


Ci ha parlato del riciclo creativo e del riuso, degli atelier di Reggio Emilia 
Ci ha fatto vedere delle foto, ci ha fatto immaginare di poter buttare via tutti i giocattoli di casa e di poter attrezzare un atelier in casa. Insomma abbiamo un po' sognato.
Poi ci ha fatto un inciso, così prezioso per me. 
Ha detto che riutilizzare il porta uova, il tubo della carta igienica, i tappi è una cosa ottima, ma che quegli oggetti hanno già una storia quando passano tra le mani di un bambino. Hanno un passato.
Lei ci ha parlato di una cosa che più di tutte aiuta un bambino: lo SCARTO INDUSTRIALE.
Lo scarto della plastica, quando si fanno le scatole, lo scarto delle bottiglie, del legno.
Lo scarto che non ha significato, che non vuol dire nulla, che non ha storia, che non ha nè aveva una funzione. Un filetto di plastica gialla, per esempio. Tanti filetti di plastica gialla. Un ovale grigio gobboso, oppure.
Ecco, quegli scarti senza storia costringono i bambini a creare dal nulla. Fanno ripercorrere loro quello che l'artista opera e cioè una creazione dal niente, da ciò che non sia altro che un pezzo insignificante di realtà. 
Con la sola forza della propria immaginazione il bambino compie un atto artistico, ma soprattutto apprende mentre fa. Tocca, prova, sperimenta, aggiusta il tiro rispetto all'idea originale, cala nella realtà il suo magma immaginifico.
Apprendere, sentire, fare. Uniti e inscindibili.



Domenica era il mio compleanno e a questa riunione un'amica mi ha regalato un timbro e una matita. Come succede spesso tutto torna. I miei appunti li ho presi lì, perché in fondo sono stordita e non porto mai nulla con me per scrivere.
E così mi sono detta. Ok MiV, riparti da lì. Dagli scarti. Torna indietro prendi sù e lavora. Concediti il lusso di rifondare. Accogli lo scarto come un punto di partenza e scala. Butta via quello che c'è da buttare, ma i ritagli intorno tienili e ricostruisci.


PS: Intanto che io viaggiavo col pensiero, una ex-maestra della scuola raccontava estasiata cosa aveva visto in Bicocca a Milano. Così ho preso l'appunto e ho segnato il sito. Date un'occhiata. Lei aveva gli occhi che brillavano. 

mercoledì 3 ottobre 2012

COME FARE UNA GELATINA DI UVA FRAGOLA

Sono tornata alle merende.
Un po' perché l'uva fragola del nostro albero andava perendo lentamente. Un po' perché l'uva matura tutta in un botto ma ti fa correre in bagno appena superi la dose giornaliera consigliata. Un po' perché il Tre adora la gelatina e io non gliela faccio quasi mai. E dunque oggi ho prodotto.

INGREDIENTI:

  • 400 gr di uva fragola
  • 4 cucchiai di zucchero integrale di canna
  • 4 cucchiai di acqua
  • 200 ml di succo (pera o mela)
  • 2 cucchiaini di agar-agar

PROCEDIMENTO:

Sgranare l'uva e lavarla.
Metterla nel mixer con lo zucchero e l'acqua tipo così:


Accendere e frullare.
Prendere un colino e passarla. Oh quanto mi è piaciuta questa trasformazione. Da un elemento composito e grumoso a quel liquido puro, liscio. Bello.


Infine mettere il succo in un pentolino e aggiungere a freddo l'agar-agar. Far bollire mescolando per circa cinque minuti. Alla fine unire i sue succhi, mettere negli stampini, mettere in frigo e attendere.
Questo il risultato. 
E' una foto tonta perché me lo stavo mangiando tutto quando mi sono ricordata del post al volo e dunque la foto è quella che è. Ma vi assicuro che il risultato è eccezionale e il profumo ancor di più.



venerdì 28 settembre 2012

SUL SENTIERO DI GUERRA

Mi capita spesso, cara Paola, di unire più avvenimenti casuali della mia vita e di tirarne delle conclusioni. O meglio. Capita spesso che due avvenimenti lontani tra loro, improvvisamente si avvicinino e donino alle cose una luce diversa.
Mi spiego.

Sto leggendo questo libro:

SUL SENTIERO DI GUERRA
Scritti e testimonianze degli Indiani d'America
a.c. di C. Hamilton



La storia dei nativi americani è una passione che coltiva da molti anni il K., a cui si è avvicinato molto l'Uno e dunque mi sono cimentata.
Questo libro racconta la loro vita. Le regole della tribù, i giochi da bambini (il gioco del 'far finta di essere un bianco' con le corteccie di betulle a simulare il cotone), la caccia al bisonte, la religione, i cavalli...
E' molto scorrevole, piacevole e divertente a tratti nel constatare come gli indiani di prateria e quelli di bosco fossero stati diversi, un po' come l'uomo bianco di campagna e di città.

E me, non so perché ha incuriosito molto l'aspetto della caccia e dell'utensileria. Loro, così a impatto zero, per usare un termine del nuovo millennio.
Gli animali erano sacri e più erano  feroci e più si veneravano: lupi, orsi, bufali. 
Il passo dell'uomo verso la maturità passava dall'uccisione del bufalo. Una volta ucciso il sangue veniva versato nella terra per ringraziarla, le ossa venivano usate per le armi e i coltelli, i tendini venivano usati come spaghi per cucire e pescare.
E mentre si portava al tipì la preda, si ringraziavano gli dei della natura.

Cosa accade mentre leggo questo libro?
Una proposta per l'Uno: un laboratorio di archeologia sperimentale. Uso del fuoco, utilizzo degli arnesi di caccia, pittura rupestre... A seguire un laboratorio per i grandi con preparazione del fuoco, macellazione attraverso la selce, utilizzo dei tendini e infine creazione di un ago.

Oggi mi chiamano dicendomi che tutto è annullato. Il sindaco ha procrastinato l'evento. I naturalisti (?) insorti tramite FB hanno urlato all'orrore.

Sono rimasta sbalordita per due cose.
La prima, e lo dico da compagna di un vegetariano, è per lo scollamento che noto in queste prese di posizione nette, totalmente antidemocratiche e violente che noto in alcuni e sottolineo alcuni animalisti.
Avevo a suo tempo parlato del Dilemma dell'onnivoro in cui in sostanza si dice che mangiamo troppa carne e lottiamo perché non se ne mangi più in modo ugualmente distorto. Abbiamo perso il senso dell'odore della carne, non ci ricordiamo più che i muscoli grondano sangue perché l'industria ce li ha ripuliti. Ma allo stesso tempo siamo cittadini che vedono l'animale come un idolo isolato e lontano.
Lo so, animalisti, che non siete tutti così, ma a volte ho l'impressione che certe prese di posizione siano ideologiche.
Rimettere le mani nel sangue, come facevano gli indiani, ci riporta ad una sacralità. Non si vede l'animale solo come fonte di cibo, ma si riscopre un atteggiamento di riverenza che è quello che anche nei confronti delle piante, a noi manca.

E in secondo luogo ho l'impressione che qui da noi smuova più un animale macellato che un festino di politicanti con le maschere di maiale in testa. E questo, davvero, lo trovo incredibile.

Finisco con una citazione del libro che non si può non condividere:

V'era una grande differenza nell'atteggiamento degli indiani da una parte e dei caucasici dall'altra, verso la natura: una differenza consistente nel fatto che gli uni erano portati a conservare, e gli altri a distruggere la vita. L'indiano, non meno di tutti gli altri esseri che nascono e crescono, era nutrito dalla madre di tutti, la Madre Terra. Egli si sentiva quindi consanguineo di tutte le cose viventi e concedeva a tutte le creature i suoi stessi diritti. Ogni cosa, sulla faccia della terra, era oggetto di amore e di rispetto. La filosofia del caucasico, invece, era questa: "Le cose sulla terra sono terrene," cose dunque da tenere in non cale e da disprezzare. 



mercoledì 26 settembre 2012

MAI PIU' SENZA.... (remember) PAOLO

Il mio mai più senza l'avevo iniziato qui.
E poi ho continuato con convinzione. Le regole sono semplici e le ricordo:

  • Elencare qualcosa che ha giocato da piccola 'svolta' nella vostra vita
  • Elencare qualcosa di non sponsorizzato 
Bene, noi abbiamo avuto una piacevole svolta con questo:


Un giorno passo da una Città del Sole in cerca di un regalo per il mio piccolo Due. Entro, passo. Nulla di che. Ripasso. In fondo in fondo, sotto vedo una scatola quadrata che si chiama Paolo. Costruzioni. Mmmmm. Sì. E' mia. Prezzo non eccessivo.



Dunque, intanto l'ho comprato a scatola chiusa (fuor di metafora) perché mi ricordava troppo questo e da tempo lo bramavo.
In sè l'idea è molto semplice: grossi cartoni lucidi e geometrici di innumerevoli forme e gancini per allacciarli insieme.



Gnomo Due e Tre lo adorano e l'Uno non disdegna (che a otto anni vuol dire: "Meraviglioso!!").
Ho notato soprattutto che il Due, bambino concreto, iper-realista all'inizio faticava nel rappresentare oggetti il più vicino alla realtà, poi ha cominciato a lasciarsi andare e a costruire tralasciando l'imitazione. Ohhhh....


Che poi questo già basta.
Se non fosse per il fatto che gli oggetti creati hanno una bellezza intrinseca sbalorditiva.
Buttate via i ninnoli dalle mensole!
Basta Paolo.


L'unico difetto: il dispiacere della distruzione.
Su questo ci stiamo ancora lavorando.

mercoledì 19 settembre 2012

SUGLI INSERIMENTI AI NIDI ovvero IL TEMPO

Da noi, nei nidi comunali, l'inserimento dura 15 giorni. Nella realtà poi se il bambino non ha particolari problemi, si riduce a 6-7 mattine.
Mentre i nostri piccoletti cominciano a studiare le aule, a noi genitori vengono raccontate delle favole.
Questa è quella che a me è piaciuta di più:

C’è una donna che sposa un re con un bambino. Nel giorno del matrimonio, la donna conosce questo bambino, ed è colpita tantissimo dal dolore che gli si legge in viso, ed è il dolore per la morte della sua mamma. La donna è così colpita che si dice: «Io non tollero che un bambino debba soffrire così, farò di tutto per essere io una buona mamma per lui». E da quel giorno fa di tutto per essere una buona mamma per questo bambino. Quando il bambino torna nella capanna, gli prepara i cibi migliori che lei sa cucinare, e il bambino li allontana stizzito dicendo: «Che schifo! La mia mamma sì che faceva le cose buone!». Quando il bambino esce dalla capanna gli prepara gli abiti lavati e rammendati durante la notte, e il bambino, tutte le sere torna alla capanna con gli abiti tutti strappati, infangati; insomma qualsiasi cosa la donna faccia, il bambino gliela distrugge sistematicamente. A quel punto la donna, disperata, decide di andare a chiedere aiuto allo stregone del villaggio.
Va dallo stregone gli dice: «Preparami una magia per conquistare il mio bambino. Te la pagherò a qualsiasi prezzo!». Lo stregone la guarda e poi le risponde: «Va bene. Se tu vuoi io te la preparo. Ma per fare la magia che serve a te, io ho bisogno che tu mi porti due baffi del leone più feroce che ci sia nella foresta». La donna si dispera ancora di più e dice: «Mi stai dicendo che non lo conquisterò mai questo bambino! Come puoi pretendere che io possa strappare due baffi al leone più feroce della foresta! Quello mi divora immediatamente!». E se ne andò via più sconfortata di prima. Ma durante la notte continua a pensare. Pensa e ripensa, alla fine decide che le è così intollerabile l’idea di non poter consolare il dolore di questo bambino che proverà a conquistare anche i baffi del leone. Il giorno dopo si procura un gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone per terra al limitare estremo di quello che è convenuto come il territorio del leone più feroce, e se ne va. Il giorno successivo, con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta e lo depone qualche passo più avanti, e se ne va. Il terzo giorno con un altro gran vassoio di carne, va nella foresta lo depone qualche passo ancora più avanti, e se ne va. E così il quarto, il quinto, il sesto, il decimo, il ventesimo, il cinquantesimo, il centesimo giorno. Passano i giorni, passano i mesi e la donna con il suo vassoio di carne avanza sempre più nel territorio del leone più feroce. Finalmente arriva il giorno in cui da lontano riesce a vedere la tana del leone, che è lì, ormai abituato ad avere il suo vassoio di carne, è lì fuori che aspetta. La donna è terrorizzata, ma decide di continuare. E arriva il giorno in cui depone il vassoio di carne ai piedi del leone, con il cuore che le impazzisce per il terrore nel petto. Ma il leone si è ormai abituato a lei, al suo vassoio di carne e inizia tranquillamente a mangiare. Allora la donna con una mossa furtiva gli strappa due baffi, ma il leone non se ne accorge neanche. Allora lei stringe i due baffi nella mano, riattraversa correndo la foresta, va dallo stregone e gli fa: «Ecco i due baffi! Preparami una magia per conquistare il mio bambino!». E lo stregone, che è stato un bravissimo terapeuta, sta a lungo in silenzio, poi le dice: «Mi spiace, non bastano i baffi del leone per conquistare un bambino!». E la donna prorompe in un grandissimo pianto e dice: «Ma allora tu mi hai ingannata, mi hai tradita, me lo avevi promesso. Io ho rischiato la vita per conquistare questi baffi! Che cos’altro può fare una povera donna per conquistare un bambino!?». E lo stregone la lasciò piangere tutte le sue lacrime e poi le dice: «Lo sai perché io non ti posso fare la magia che tu vuoi? Perché quella non ce l’ho più io nelle mie mani, che l’hai tu, nelle tue. E la magia è semplicemente questa: devi fare con il tuo bambino, quello che hai fatto con il leone».

Questa è una storia sul tempo. Il tempo necessario per conoscersi. Il tempo necessario per abituarsi. Il tempo necessario per far passare il dolore. Il tempo necessario per assaporare la felicità.
E' un mio tema quello del tempo. E' un tema che mi trasporto e che mi affianca da settimane.

All'improvviso ho capito che l'affanno cominciava ad essere troppo e che io continuavo a correre anche se non era quello che volevo. E nella mia corsa trascinavo con me casa, marito e figli. Forza dai! Tutti dietro.

Poi l'estate. Che ti ferma per forza e placa. 
Oggi non è facile allentare il tempo, dilatarlo, farlo tornare un po' meno nevrotico. Lui si modella sulle nostre vite, sulle nostre esigenze: questo pc è lento, dopo basket corri a dottrina, forza a casa, e poi? chiedono i bambini, poi cena denti libro letto. Tutto scandito tac tac tac.

Alcune mamme del nostro gruppo nido si lamentavano. Troppo lungo l'inserimento. Il lavoro chiama.
Dico che è difficile conciliare cose inconciliabili, ma la priorità urge. Bambini allegri che zampettano incontro alla maestra e bambini coi lacrimoni che urlano mamma. I bambini non hanno tempi lavorativi. E' un problema. Ma per chi è il vero problema?

Forse una soluzione è dare da mangiare al leone. Ma si sa, certe cose sai quando iniziano e non sai quando finiscono.

(Dimenticavo la fiaba è etiope, ed è riportata da A. Marcoli nel libro Passaggi di vita)

martedì 11 settembre 2012

CIIIIIIISSSSSSS.....

Questa era la prima:


Ma ecco, mi sembrava 'tonta', che in gergo significa sfuocata. Allora gliel'ho rifatta fare:


Ma nooooo!!! Mio piccolo Gnomo Tre. Guarda come sei serio... Dai un sorrisone:


Ohhhhh!!!! Finalmente la foto del primo giorno di scuola.
Ieri questo pastrugno ha iniziato l'inserimento al nido. Io sono scafata, sono al terzo inserimento. Ma loro, sempre sono al primo.
Io sì, ogni tanto mi ricordo di abbassare lo sguardo su di lui e guardarlo bene bene.
Se penso al mio cuore spezzato di mamma al primo nido con l'Uno. Sono passati secoli? No, contavo oggi, pochi anni. Sei per essere precisi.
Eppure tutto è così diverso.
Ma non ti preoccupare piccoletto, sono una terza figlia anch'io. Un po' quell'ebbrezza del non avere lo sguardo dei tuoi puntato sempre addosso, profuma davvero di libertà.

venerdì 7 settembre 2012

ONLY ONE.



Sto di diventando una tipa di poche parole, lo so. Ma questa foto sono le mie vacanze. Le altre raccontano cose, questa racconta noi. 
Io, quei tre cuccioli e l'uomo che l'ha fatta.
Sono in vena di romanticherie. Boh. Forse.
Però quando l'ho vista ho sussultato. Era una foto a sorpresa e di spalle. Le foto che non mentono.
Buon fine settimana settembrino.

martedì 4 settembre 2012

GESSI E ACQUA ovvero SULLO SCIOGLIERE.

In primo luogo l'estate.
Cioè, l'avvento dell'estate in sé. Non quella delle vacanze, quella delle prime canottiere. Dei piedi sempre nudi. Delle cicale. (Gnomo Uno: "Mamma, da quando abitiamo qui sembra di essere in campeggio. Le cicale cantano a tutte le ore!").
Abbiamo ricominciato a giocare con le cose.
Ma così. Alla come viene. Senza la mamma con il blog sempre in testa. Senza la fotina bella, anzi, la fotina quasi non avevo più voglia di farla. Perché mi sono accorta di stare sempre con qualcosa in mano. La macchina fotografica o il telefono o il computer.
E non ne avevo più voglia.
E poi quando io dirò ai miei simpatici nani adolescenti: "Ehi e basta con sto telefono!!", sia mai che mi voglia sentir dire: "E perché tu durante tutti gli anni della nostra infanzia cosa hai fatto?".
Ma tant'è, ogni tanto mi lasciavo andare però semplicemente perché in quel momento mi piacevano o mi piaceva il casino che stavano combinando.


Senza pensieri in testa, ma soprattutto senza la minima intenzione di ripulire tutta la casa, invece delle tempere, tanta acqua, ricordando un bellissimo post...

E via coi gessetti.


Il gesso con l'acqua si scioglie. Ma poi quando si asciuga, il risultato è un colore compatto, che cambia pelle.


Ma a noi cosa importa. E' l'acqua l'elemento principe. La vera goduria.
Il Tre ha cominciato a pucciare foglie e poi mani e poi, naturalmente, i piedi e tutto il resto.


Non l'ho fotografato.
Lì ho solo riso.



lunedì 3 settembre 2012

DI NUOVO.

Sono tornata e non sembra vero nemmeno a me.
E' strano essere di nuovo qui, al computer dopo mesi. E con il cuore sereno. Non con il senso del dovere che mi porta a riempire spazi vuoti.
Di nuove cose ne sono successe un mucchio.
Anzi, no. Cosa dico?
Non è successo nulla quest'estate. E per questo ho avuto modo di soffermarmi. Finalmente.
Fermarsi e voltarsi un po' a rivedere tutto il casino lasciato alle spalle.

E' stata un'estate strana, che ad un certo punto ha preso una strada diversa dal solito.
Io che solitamente ricado in loop estremi, mi sono svincolata all'improvviso dai doveri.
Dai doveri che mi imponevo.
E ho vissuto un'estate libera.


Abbiamo viaggiato per le montagne. Liberi di fermarci, tirar fuori tre sedie e poi proseguire. Dove non c'era afa, dove non c'era pioggia.
Ve lo racconterò, eccome.

Ma la svolta più grande me l'hanno offerta i libri. I libri che ho letto. Anche di questi vi dirò, non vedo l'ora di raccontarveli.
Insomma sento che qualcosa è cambiato. E' come se magicamente fosse cambiato un ingranaggio interno. In meglio? Boh.

Non so come si rifletterà tutto ciò qui, in questo schermo. Perché anche quello ho sondato. Per ora ho ritrovato la voglia di tornare e non è poco, direi.
Io che ho così tanta paura dei ritorni.

lunedì 25 giugno 2012

QUELLO CHE HO IMPARATO IN ALTO ADIGE

Che le altalene qui sono tutte in legno.
Che i campi da calcio sono fioriti.
Che le ciclabili sono possibili in montagna.
Che parlano poco e male l'italiano.
Che sono molto cordiali e disponibili.
Che hanno delle belle case.
E saltuariamente dei bei castelli.


Che i bambini qui non fanno rumore.
Che è vero che sono tutti biondi e hanno come accessorio il caschetto da bici.
Che ci sono amache dappertutto.
Che il fieno lo stendono su dei pali di legno.
Che il legno è utilizzato in ogni modo per ogni cosa.
Che altro che "bella vita" tutta italiana. Qui hanno capito come si vive.
Che stare due giorni senza bambini in questo paradiso ci ha fatto bene.
E non è poco.

venerdì 15 giugno 2012

IL PRINCIPE TIGRE ovvero ESSERE MAMME

Cara Homemademamma, il mio Due, ha scelto di comprare questo libro. Glielo avevano letto le maestre e a lui è piaciuto molto.
E' un grande libro quadrato che si presenta nero e scuro. E il titolo e l'estetica sono fuorvianti.
Sembrano una cosa e invece sono esattamente l'opposto.

IL PRINCIPE TIGRE
di C. J. Hong
- Babalibri - 


E' la storia di due madri in realtà: la tigre a cui vengono uccisi i propri cuccioli e che quindi si aggira per la foresta seminando terrore, e la regina a cui viene tolto il figlio, donato alla tigre per placare la sua ira.

E' una storia di una tenerezza assoluta, in cui si parla di grandi e dolorosi temi, ma delicatamente.
In cui la tigre e la regina, a distanza, diventano due madri di uno stesso bambino.
In cui la tigre rende evidente quanto salvifico sia lo sguardo di una mamma.
Nel momento in cui la tigre rivive la propria tragedia, vorrebbe accanirsi sul bimbo appena donatole, quando lo stesso sguardo del bambino la ferma...



C'è tanto in questo libro.
E' un libro che fonde mirabilmente l'illustrazione al testo. Finalmente in un libro illustrato, le parole e le immagini vivono vincolate e unite. E non è cosa da poco.

E' così orientale poi. Nei tempi. Nello sviluppo. Perfino nei colori.

E da ultimo: quando l'Uno con gli occhi che brillano vede questa immagine del piccolo principe:



... e mi dice, vedi mamma. Guarda che bello. Io i capelli li tengo lunghi come lui.
Io abbasso gli scudi e gli dico che sì. E' davvero bello.



lunedì 4 giugno 2012

FRAGOLE DI BOSCO ovvero SULLE LUCENTEZZE

Fino a poco tempo fa, la Stima il lunedì aveva una rubrichetta light. I momenti 'illuminati', quelli goduti, sentiti, mettetela come volete.
M'è venuta in mente ieri.
Perché è stata la prima domenica, dopo tante, in cui tutti e cinque siamo rimasti insieme nella normale quotidianità.
Erano mesi che non succedeva.

Siamo andati a giocare a basket figli contro genitori (ma quanto è piacevole sudare e avere il fiatone!), poi una pizzata e infine a casa.
Il piccoletto dormiente nel lettone e il K. dormiente sul divano.
Io e gli uomini rimasti in giro in bici, un gelato e poi una passeggiata fino alla cascina.

Nello zaino avevo ancora i bicchieri di Gardaland puliti.
La gente che passeggia in questi giorni nei nostri boschi probabilmente non è attenta, oppure sono proprio le prime, quelle appena arrivate...


Che pace.
Che bello passeggiare col profumo delle acacie. 
E' light questo momento e me lo prendo tutto. Non lascio via niente. Nè le scarpe impolverate, né le chiacchiere a vanvera. E' tutto lucente.


venerdì 1 giugno 2012

LIBRI PER BAMBINI DAI 10 ANNI (parte prima)

C'è un'età dei bambini in cui si pensa meno a loro. O meglio: in cui tutti noi pensiamo meno a loro.
In quinta elementare un bambino è quasi grande, quasi autonomo. Quel bambino è un quasi.
Un'insegnante con cui ho lavorato mi ha chiesto un elenco di libri per loro.
Ho riflettuto un po', perché si sa, le variabili sono molte: chi legge tanto, chi poco, chi legge solo alcune collane, chi teme i libri che superano le 100 pagine.

Il primo libro che ho messo in elenco l'avevo letto loro in classe. Alcuni racconti. E non volevano più smettere, che sensazione meravigliosa!! Poi alla fine del laboratorio se lo rubavano dalle mani.
E' "Il mio mondo a testa in giù", ne avevo scritte le prime righe qui.
Ve lo consiglio è davvero bello.




Poi la lista prosegue con i classici moderni di Dahl:
"La fabbrica di cioccolato"
"La medicina magica"
"Gli sporcelli"
"Versi Perversi"








Beh, che dire... Dahl non può mancare nella vita di un bambino. E' come se non sapesse chi è Rodari.

"Il giardino segreto" di F. H. Burnett non l'ho ancora letto, ammetto. Ma intanto da Dahl era considerato un capolavoro, poi parla della rinascita di una bambina dopo la morte dei genitori. Una rinascita magicamente legata alla fioritura di un giardino.




"Gli invisibili" di I. Whybrow parla di due bambini molto soli che fondono la propria solitudine aprendo varchi magici.


"Passare col rosso" di H. Vignal per sopravvivere agli anni burrascosi, leggendo un libro di una piccola casa editrice.


"Rose non è una tartimolla" di G. Colas, per chi inventa un linguaggio e ne è fiero.


Ecco, Homemademamma, visto che siamo comunque in periodo di pre-vacanze scolastiche la lista per i bambini-quasi!!




giovedì 31 maggio 2012

LETTERA A UN BAMBINO EMILIANO.

Lettera scritta a scuola da un bambino lombardo:

"Ciao!!
Sai che anche nel nostro paese in Lombardia alcune volte possono sentirsi delle scosse di terremoto. Vuoi ridere? Una volta una lucertola è rimasta schiacciata da un water!!
Insomma, è un tempismo tremendo.
Ah per migliorare le cose, ti invito a casa mia. Abbiamo un letto in più adesso lo chiedo a mia mamma quando mi risponderai io ti risponderò poco dopo.
Mi chiamo XX e ti aspetterò, noi abbiamo tutte le comodità.
Ciao da XX!"


*la punteggiatura esatta e le maiuscole sono del traduttore.


Ecco, amici emiliani, noi lasciamo il nostro dolore nelle mani dell'Uno.
Che sono sicura che un sorriso a un bambino delle vostre parti lo ruberebbe, con la storia della lucertola.

venerdì 25 maggio 2012

DARE I NUMERI.

E' da ottobre che mi pare di guadare un fiume interminabile.
L'acqua si alza e si abbassa all'improvviso. Si fa impetuosa o si acquieta a seconda del tempo.
Arranco a volte e non guardo avanti. Guardo i miei piedi.
Altre volte mi sento leggera e vado spedita.

Sono giorni di numeri, di elezioni passate, di voti, percentuali.
Di notti solitarie e di ore che scorrono sulla sveglietta del comodino.
Di mattine mattutine che non arrivano al sei.
Di date piene di cose da fare e a cui pensare.
E, nemmeno a farlo apposta, di tabelline ripetute, svogliatamente, lo ammetto. Ho lasciato solo l'Uno e lui, come spesso fa, mi ha stupita.

L'Uno.
Oggi lui fa otto.

Festa di compleanno con camminata nei boschi.

Otto è un numero importante.
La maggior parte della letteratura per bambini che valga, ha come protagonista un bambino o una bambina di otto anni. Non so perché, ma è un numero d'avventure.
Sarà perché è sempre più pressante il suo bisogno di essere autonomo: vado da solo a piedi, sto a casa da solo.
Sarà perché divora libri di 300 pagine ad una velocità assurda.
Sarà perché si spoglia lontano dagli altri.

Gara di barchette al vecchio lavatoio.

...
Sarà perché dice cose del tipo: "Non parlate della nonna-bis alla mamma perché va in crisi".

Idea di Lisa: biadesivo sulla pancia per attaccare i tesori
(Lisa ama Homemademamma, e anch'io!)
Sarà perché accompagna sempre i suoi fratelli e da oggi ha anche dei segreti con loro.

Orgogliosissimo del raccolto!
Sarà perché la mattina lo faccio scendere dalla macchina, gli metto la cartella in spalla, gli do un bacio e lui va, correndo, come fa un ottenne che si rispetti.
Sarà perché con gli amici gioca alla guerra e quando cade a terra ferito... beh, è uno spettacolo che solo un gruppo di ottenni vi può dare.

Caduti in battaglia.
Auguri indiano capello lungo.