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venerdì 13 gennaio 2012

LE PAROLE TRA NOI LEGGERE

Che bello. Finalmente. Sono decisamente tornata ora, perché i fili resi così invisibili dalla mia defezione, riemergono.
Chi di voi non ha letto il post della Stima di ieri, deve andare. Io l'ho letto ieri sera a notte fonda. Poi sono andata a letto e, cara Paola, sul mio comodino c'era un libro che mi aspettava e che in fondo parla della stessa cosa di cui ha parlato Stima.

Le parole tra noi leggère
di Lalla Romano


Una notte di qualche settimana fa, disperata perché non avevo più nulla da leggere, doppiamente disperata perché i 120 cartoni dei libri erano ancora chiusi, ho deciso di aprirne uno a caso e di rileggermi il primo libro che mi fosse capitato sotto mano.
E così lui ha scelto me. E' un libro che mi hanno regalato al liceo, che avevo iniziato e non avevo finito. Non mi piaceva, era ostico e non lo trovavo interessante. Ok, mi sono detta quella notte, ora sei mio.
Sono tornata a letto e ho cominciato a leggere la prefazione che la Romano aveva scritto per l'edizione qui sopra (1989):
A questo libro si accompagna in me un senso di colpa. E' un libro lucido, trasparente; ma un'ombra lo segue. Io non riconosco la colpa di cui sono stata accusata, quella cioè di aver "usato" un essere umano: la colpa per eccellenza, secondo Kant. Se chi scrive sempre in qualche modo "usa" gli esseri e se stesso, allora sì, è vero. Ma nel mio caso c'è l'aggravante che la vittima è un figlio: il mio stesso figlio.

Ecco, lei in questo libro racconta suo figlio, dalla nascita alla maturità.
Quanta colpa c'è nel narrarsi attraverso i figli? Nel pubblicare le loro foto? Nell'esporli nel teatrino della socialità, come dice Stima?
Probabilmente tanta e tanto narcisismo nostro, presumo, di noi narratori.
Un giorno fotografavo un foglietto che Gnomo Uno mi aveva scritto, era una protesta viva! E io l'ho fotografato col cellulare quel biglietto, perché mi piaceva e perché, non lo nascondo, mi stuzzicava riflessioni che avrei voluto rimandare al blog. Lui mi ha guardato e mi ha detto deciso: "Non lo metti sul blog, vero?".
E mi sono sentita come una bambina trovata con le mani nella marmellata. Mi sono vergognata.
Da lì ho capito che spesso gli mancavo di rispetto non rispettando la sua intimità, nodo cruciale del nostro essere esseri umani.
Potevo io in quanto madre prendermi questa libertà? No, forse no.
Da allora ho centellinato di più e ho condiviso con loro le mie scelte. Ma ciò non toglie il nodo come dice la Romano alla fine della prefazione:
Ho ripreso in mano il libro, l'ho aperto qua e là. E' quasi insopportabilmente vivo. (...) Non c'è giustificazione. Non ci può essere. Il rifiuto di lui (del figlio) è coerenza, verità. Ma il mio amore sbagliato, persecutorio, è il tema apparente del libro. Il vero protagonista è un sentimento più vasto. Un'amica triestina mi aveva suggerito come epigrafe un verso di Saba. Allora non ne compresi la purezza, anzi, la durezza. Mi pareva "troppo umano". E' l'ultimo verso del sabiano Ulisse:
e della vita il doloroso amore.

Sì, a volte pecchiamo di "troppa umanità", per questo con grazia ci assolviamo. 

16 commenti:

  1. Un bellissimo post per un bellissimo libro, complimenti!

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    1. Grazie Povna. E contraccambio di cuore. In tournee é un post da far girare....

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  2. ciao. Non ci conosciamo ancora, cara Mamma in Verde, e son felice di farlo ora, grazie alla segnalazione di Stima.
    Non conosco questo libro. Leggere qui le prime righe della prefazione mi ha fatto male. Lo so che se una cosa mi ferisce così, vuol dire che c'è qualche nodo irrisolto da affrontare. Tu me ne dai l'occasione :)
    Questo post e il contributo che dà e dai al "dibattito" avviato è prezioso. grazie

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    1. Grazie a te Barbara. Appena posso passo a trovarti. :)

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  3. io credo che in fondo la cosa cambi molto..a secondo della causa. Se "usi" tuo figlio per la SUA causa, per cambiare il mondo che gli appartiene, allora non lo stai usando,stai facendo qualcosa per lui. bel libro :)

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    1. Sono completamente d'accordo. E, in alcuni casi lo ritengo addirittura doveroso....

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  4. post stimolante e coraggioso... rifletterò.grazie.

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  5. ciao MIV, ben tornata ancora.
    Il libro sembra molto nteressante.
    Condivido queste tue riflessioni. Io non ho foto di eSSe sul blog salvo un paio in maschera e qualcuna di spalle. La ragione è duplice: sono terrorizzata dai pazzi e malintenzionati che girano sul web e sono maniaca delle privacy, anche di mia figlia, proprio nell'accezione che indichi tu. Questo si scontra con il mio desiderio di condividere, a volte, cose speciali, però da che ho il blog sempre mi domando: "che penserà eSSe tra qualche anno quando potrà leggerlo?" E se la risposta è "magari le scoccerà che abbia parlato di cose sue così personali" il post decade prima ancora di esser scritto. Posso invece condividere cosa provo io, come mamma, come essere umano, e questo in parte parla di mia figlia, ma in un modo chepenso possa essere meno invasivo.
    Leggendoti ho pensato a una mamma pubblica, che ho molto ammirato in vita, per la sua misura anche se è una delle autrici più franche e dirette che conosco. E' la psichiatra Alice Miller. Ha indagato per una vita intera (e il mio post di oggi è figlio anche di letture sue) il rapporto malato tra genitori e figli e purtroppo anche quello con il suo di figlio, non era sanissimo, anche se lei non lo ha mai detto, credo per rispetto nei suoi confronti. Chissà se ha iniziato ad approfondire certi argomenti per crescere come mamma, riconoscendo i propri limiti e le ferite da curare del suo passato, e per evitare che altri vivessero senza gli sttrumenti e consapevolezze rapporti difficili coi figli. A quell'anziana signora sono debitrice di molte delle mie certezze di oggi, so perlomeno cosa sia sbagliato sempre (la violenza in qualsiasi sua forma, specialmente quelle meno riconsocibili).

    Certo, come dice Mamma di fretta, ci sono motivi che rendono quasi irrilevanti queste riflessioni. E penso che tutte voi abbiate trovato il giusto compromesso. I blog in cui i bimbi sono esposti come trofei io non riesco proprio a leggerli... lo so mi sto un po' comportando da mamma del parco a dire così, ma sento così, ha ragione Stima, forse è solo una paura che abbiamo tutte quella di finire a pavoneggiarci così delle nostre meravigliose creature, e dovremmo semplicemnte farci pace. In fondo è belloanche condividere quanto siano autenticamente belle le nostre crature, inteso come messaggio positivo che si lascia nel mare magno del web. Pensieri che si attorcigliano, a volte confusi... Grazie del tuo post.

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    1. Sono sempre belli i tuoi commenti... come i tuoi post. Io nel mio intervento, nato da quello più puntuale della Stima, volevo solo dire che l'essere madre è totalizzante, che ci piaccia o no, che i nostri figli rientrino o meno nell'etichetta della "normalità". Il parlare di noi non può escludere il parlare di loro perché parte integrante della nostra quotidianità e del nostro sentire.
      C'è poi chi cerca, legittimamente, di non farlo. Chi cerca, legittimamente, di farlo proprio a vantaggio dei propri figli (penso al tema della disabilità). Chi cerca di lasciarlo intendere.
      Penso che sia questo il senso della frase "doloroso amore".
      Grazie ancora.

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    2. Hai ragione, è totalizzante... :)
      Grazie della tua risposta.
      La frase è bellissima.

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    3. MIV, sai che ci ho pensato e ripensato? Mi è stato molto utile questo scambio. Non mi sono piaciuta così giudicante e severa, nemmeno con le mamme cui accennavo - e non avevo ben spiegato quali fossero -, non si dovrebbe esserlo mai!
      Il fatto è che a me crea una istintiva irritazione vedere mamme che acconciano - e fotografano pubblicando poi in ogni dove - i figli, anzi più spesso le figlie, perchè dentro di me sento una forte stonatura e un senso di ingiustizia inespresso: chi le dovrebbe difendere in realtà le espone a tanti pericoli e ben prima di quanto potrebbe avvenire naturalmente. A queste alludevo, non certo a chi mette sui propri blog - o dove preferisce - scatti spontanei, condividendo il suo quotidiano, o chi lo fa per lavoro ma in modo rispettoso del bimbo.

      Pensandoci, visto che sentivo così NONempatico il mio commento ho capito che il senso di ingiustizia prevale rispetto alla comprensione che posso avere per chi non si rende conto, immagino, di cosa fa, che dal mio punto di vista è rubare l'infanzia ai propri figli, peccato mortale per me. E' ancora un giudizio e poco conciliante (che infanzia avranno avuto queste persone? che frustrazioni cercano di curare facendo delle loro figlie piccole miss? perchè io è questo che ci vedo... ), ma di più non riesco... Grazie.

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  6. Il libro non l'ho letto ma le riflessioni che hai fatto con noi, e quelle che sono scaturite dai commenti che mi hanno preceduto, mi hanno colpita. Spesso non si pensa a tutto ciò... Un motivo in più per iniziare a farlo.

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  7. Ciao,
    mi riesce difficile commentare questo post, perchè esige riflessioni intense, profonde, e la fretta è nemica, perchè ci conduce alla superficialità.
    Sollevi un quesito delicato riguardo al rapporto genitori-figli, cui solo parzialmente ho trovato risposta, e che spesso finisco per mettere in discussione.
    Mi trovo in accordo con Cì su molte delle cose che dice, anch'io come lei ho scelto di non esporre i miei figli (ho pubblicato solo una foto di profilo del mio primogenito che ha quasi 10 anni quando ne aveva poco più di uno) o me stessa. Non lo ritengo giusto per le sue stesse motivazioni, ma non giudico chi decide di farlo, io stessa seguo blog di mamme che hanno preso la decisione opposta (la maggior parte).D'altro canto sono con te quando affermi che la maternità sia un'esperienza totalizzante, e che tracciare una linea di confine netta tra noi ed i nostri desideri, e tra i nostri figli e la loro individualità, sia difficile. Del resto ci troviamo quotidianamente a prendere decisioni con ripercussioni più o meno ampie sul loro presente e futuro, decisioni con cui potrebbero trovarsi in disaccordo un giorno magari rimproverandoci di averle prese. Penso anch'io che la definizione doloroso amore sia calzante e significativa.
    E' stato un piacere, grazie per questi interessanti spunti di riflessione.
    Michela

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  8. Da ragazza non avrei voluto diventare madre, temevo di non esserne in grado e temevo di perdere la libertà. Ho trovato l'uomo giusto e ho cambiato idea. Ora sono totalmente innamorata pazza della mia simpatica canaglia e mi rendo conto che ogni suo atto è per me una meraviglia che tendo a celebrare probabilmente troppo. Nel blog le foto contengono solo particolari che non lo rendono riconoscibile, ma sento l'esigenza di raccontarmi ogni sua scoperta, di non dimenticarci di questi bellissimi anni.
    Forse quando sarà più grande, indipendente e consapevole smetterò di raccontare di lui e di noi e scriverò di qualcos'altro, sicuramente quando mi chiederà di non raccontare una nostra esperienza rispetterò la sua volontà.
    Accipicchia si parte da un libro e si arriva a una sorta di analisi interiore. Che botta!
    Grazie comunque.

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  9. Non l'avevo mai letto. Me ne hai fatto venir voglia.
    Non ho avuto figli, forse inconsciamente non li ho desiderati. Ho sempre avuto il timore di divorarli dopo averli generati.

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