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venerdì 30 marzo 2012

DALLA PARTE DEL LUPO

La storia di Cappuccetto Rosso, cara homemademamma, si sa, insegna che non bisogna lasciare la retta via, perché se no il lupo ti mangia.
Sagge parole, senza dubbio.
Il Tre quando ha paura e si trova da solo in camera mi dice che c'è il lupo, quindi il suo lavoro lo fa questa  piccola storia.
Eppure a me quel lupo lì, più che paura ha spesso fatto pena. In fondo non è colpa sua, pensavo, se a lui piacciono i bambini. Ero già nella mia deriva timburtiana...

Oggi due libri per bambini dalla parte del lupo.

SIGNORINA SI-SALVI-CHI-PUO'
di P. Corentin
Babalibri, 2000


Una bambina dispettosa, che continua a fare scherzi a tutti, viene mandata dalla mamma a portare la focaccia dalla nonna. Ma appena entra la dispotica bambina non trova la nonnetta, ma un grigio e impaurito lupo...
In rima.

IO, IL LUPO E I BISCOTTI AL CIOCCOLATO
di D. Perret
Logos, 2012


Se foste un bambino che torna da scuola e trovaste lì accasciato per terra un lupo depresso perché non fa più paura a nessuno, cosa fareste?
Questo bambino ha deciso di nasconderlo nell'armadio e di insegnargli tutto quello che un lupo degno di tale nome deve fare. Riuscirà?
Intanto il lupo si sbafa di biscotti, al cioccolato naturalmente.
Fumettoso.


Qui e qui le prime tre pagine.
W i lupi.


giovedì 29 marzo 2012

SUI COMPITI

Ieri ho letto un sacco sulla querelle compiti a casa.
Tutto è partito da questo articolo del Corriere in cui si parlava di molti genitori francesi che hanno lanciato il boicottaggio dei compiti a casa.
Ora, giusto per onor di cronaca, in Francia, dal 1956 sarebbe vietato dare compiti alle scuole elementari.
Ma il punto è? Io come vivo i compiti a casa dell'Uno?


Dunque, facciamo un passo indietro.
Quando io andavo alle elementari, mia mamma lavorava tutto il giorno.
Mio papà mi veniva a prendere alle 12.30, pranzavo a casa e poi alle 14 andavo da mia nonna e ci stavo fino a sera. Ricordo perfettamente che la prima cosa da fare erano i compiti, non si scappava. Li facevo da sola e poi mia nonna li controllava.
Non ho avuto turbe da compiti. Ogni tanto ci provavo a dire dopo anche se sapevo che la battaglia era inutile. Punto.

E ora?
Uno ha i compiti quando non ha i pomeriggi di rientro. Non sono molti e anch'io glieli faccio iniziare intorno alle 14.30. Lui preferisce avermi intorno, io preferirei stargli con il fiato sul collo, ma faccio uno sforzo su me stessa e me ne vado. Deve farli da solo.
Sì, un po' mi esaspera il fatto che 15 addizioni le faccia in un'ora, perché prima deve temperare la matita, poi si ricorda che ieri fuori c'era un bel fiore, poi si ferma immobile con la penna a mezz'asta guardando nel vuoto (e no, non sta pensando alla semiotica della lingua italiana), poi mi racconta che oggi a scuola....
E io penso, che se lui li fa in un quarto d'ora i compiti, poi... Poi? Poi cosa? Ma non è bello, a casa farsi i compiti in un'ora? Perché bisogna correre...
Sì, anch'io mi ripeto, cara Vegetti Finzi, che la noia è importante, ma spesso non la riconosco. 

E poi è tanto vera anche quella frase dell'articolo del Corriere in cui si dice che si vuole una scuola narcisista, "luogo di non compiti e doveri, ma gratificazioni e piacere".
E' vero che spesso noi genitori desideriamo una scuola che sia al nostro personale cospetto, che venga incontro alle nostre esigenze, che ci capisca, che sia, in effetti, una nostra succursale.
Questa forse è l'idea sbagliata, vedere la scuola come l'estensione delle mura di casa.

lunedì 26 marzo 2012

COME DIVENTARE UN ESPLORATORE DEL MONDO A BOLOGNA

Come molte cose che, per me, partono dal web, l'inizio è stato generato dalla Stima: mi manda un simpatico link e io mi dico e no! devo proprio andare.
E così entriamo, in onore di Come diventare un esploratore del mondo...
E ammiriamo.


Un vecchio televisore con un antico paio di cuffie rimanda le immagini della loro via preferita, e le parole e i suoni e i rumori.
Oggetti arrugginiti-faccette lo sovrastano. E poi scatole nere da annusare e da sbirciare. Colori catalogati, fino a quel quaderno in alto a destra con i disegni dei bambini di una scuola che hanno riproposto le loro torri bolognesi.


Oggetti abbandonati nelle vie cittadini, accolti e rivestiti di una nuova promessa di vita.
E poi un quadernetto appeso: le esplorazioni a bassa risoluzione. Quelle che piacciono a me, più di tutte, quelle segnate velocemente e custodite nel solito piccolo quaderno che vive nelle profondità più recondite delle mie e sono sicura delle vostre borse.
Quei piccoli tesori che si consumano di contenuti e segni strani e che raccolgono e testimoniano il nostro essere al mondo. Quanti ne ho nascosti in piccole scatole? Decine, penso.

E poi ripartire e gironzolare e ricordarsi ogni minuto dei due anni passati lì. E le corse in bici che la lezione era iniziata e là che ho incontrato Dalla e lì che mangiavo il gelato e ancora dietro l'angolo dove ammiravo i tortellini che costavano troppo perché i soldi dei miei dovevano durare tutto il mese. Per orgoglio, più che per altro.

E girare l'angolo e ritrovarsi in un negozio che avevo studiato da casa. Ma viverlo come una sorpresa.
E capire che la felicità è un sentimento strano, che ti appare nel piccolo immediato momento in cui ti accade e che poi ti si ripropone tempo e tempo dopo, ripercorrendo una via, svoltando l'angolo, rigustando un gelato.



venerdì 23 marzo 2012

BOLOGNA ovvero DI ALTRE FIERE

Ieri alla Fiera di Bologna, cara homemademmama, ho comprato questi libri:


Qui le prime tre pagine!



Poi... I portici. Il gelato. Il Nettuno. Le torri. Via Zamboni.



Da domani sulle Prime Dieci Righe ve li racconto tutti.
Adesso ho solo bisogno di ricordare il profumo del venticello e quei colori...

giovedì 22 marzo 2012

UN FIERONE 'GIUSTO' ovvero SULLA SCUOLA STEINERIANA (e su quella pubblica)

PREMESSA
Mangiamo bio al 90%.
Giochiamo con giochi che siano il meno possibile plasticoni.
Moderiamo l'uso della televisione, del computer e di tutto quello che è tecnologico, ai bambini. E con in casa uno di otto anni è dura. Altro che.
Andiamo a Natale al Bazar della Scuola Steineriana.
Mi confronto con chi conosco sulle loro attività.
Apprezzo moltissimi aspetti dell'impianto pedagogico di Steiner (su una minima parte ho delle cose da eccepire, ma sono, appunto, una minima parte).
Abbiamo letto i libri:


SVOLGIMENTO
Mi arrivano inviti di amici che mandano alla Steineriana i loro bimbi dicendo di partecipare alle loro animazioni che si terranno a Fa' la cosa Giusta a Milano.
Al momento mi son detta ehi bello però, vediamo cosa propongono....
Poi però ho realizzato che in quel contesto forse qualcosa strideva. Mi sono detta che qui si parla di cose giuste da fare, di azioni che aiutino, di "un sistema di relazioni economiche e sociali che pone l'uomo e l'ambiente al centro, cercando di coniugare sviluppo con equità, occupazione con solidarietà e risparmio con qualità", come dice il sito. Dov'è l'equità della scuola steineriana? Dal momento in cui l'accesso non è equo, un po' tutto si scioglie... 
Ieri sera ho ascoltato un dibattito dove c'erano Cacciari e Bettazzi. Hanno parlato, appunto, di giustizia e dunque di equità. E Cacciari citando Aristotele ha detto che il filosofo greco intendeva l'equità come la possibilità di dare a TUTTI accesso al meglio. 
Ci sono diversi livelli di "giustezza", a mio parere. Ci sono cose più giuste di altre. Se con giustizia si può intendere quello che dice il Sabatini Coletti e cioè: "Principio morale, virtù, consistente nel dare a ciascuno il dovuto, nel giudicare con equità", allora l'unica scuola che può offrire questo è quella pubblica, perché non guarda ai mezzi economici né a quelli culturali né a quelli fisici nell'offrire il proprio sapere indistintamente, magari non al meglio, chi lo nega, ma spesso tentando l'impossibile.
E quindi ecco il perché del mio stridore iniziale. Ecco, mi sono detta in sostanza, forse non è quello il luogo migliore per pubblicizzare la pedagogia steineriana. Perché andare ad una Fiera? Una Fiera di CONSUMO critico. Dove ci va chi vende? E' per vendere la pedagogia steineriana?
Ribadisco, per evitare di farmi capire male. Nel migliore dei mondi possibili, PER ME, la scuola pubblica sarebbe per sua costituzione, la scuola giusta, però non vivo nella periferia della periferia di una megalopoli e non so lì com'è oggi la scuola pubblica, in che stato versi, se comatoso o moribondo. 

CONCLUSIONE
La penso come Stima di Danno, che a suo tempo qui e ieri qui, ha speso due parole sulla fiera.
E nella sostanza delle cose la penso come Bettazzi, Cacciari e, scusate, Aristotele che definiva il concetto di giustizia come legato alla cura dell'altro. E per altro, ha chiosato Cacciari, si intende l'altro da me, quello che da me è diverso. E questo è un valore che insegna solo una scuola.

mercoledì 21 marzo 2012

SULLA CURA ovvero I PARTICOLARI

Il brutto è che i nostri figli non passeranno per più volte davanti alla buca delle lettere aspettando qualcosa per loro che non sia la pubblicità del nuovo centro ricreativo-gonfiabile-dieci-euro-tutto-compreso.
Con tutta probabilità non possederanno nemmeno della carta da lettere. Oggi così difficile da trovare.
Non conosceranno quella gioia che nasce dal vedere una lettera scritta a mano sbucare dalla fessura. No, non lo capiranno com'è.

Come oggi. Quando mia suocera con la solita dolcezza mi ha detto, ma questa è tua?
Avevo lasciato il suo indirizzo, perché lei a casa ci sta, al contrario di me. E ci tenevo che quella lettera avesse qualcuno a casa che l'aspettasse quando sarebbe arrivata.
L'ho aperta veloce e l'ho gustata appieno.
Poi ho cominciato a scoprire i particolari:


E ho guardato come era scritto l'indirizzo, quanto fosse bello l'amico del francobollo. E mi immaginavo il mittente alla scrivania, con i raggi che toccavano la penna e lei che in silenzio scriveva.
E il contenuto l'ho subito appeso. Perché è il tema dei nostri giorni questo. Di quello che stiamo vivendo, quelle sono le parole che usiamo di sera, dopo cena, prima che il K. riparta per continuare quel cammino.


Cosa farebbe la democrazia?
E' una domanda importante. Così fondamentale da dovercela fare ad ogni bivio che incontriamo, ad ogni muro da superare.
La politica è cura. Anche. Cura dei dettagli, amore per i particolari.
Me ne sono ricordata stasera, mentre studiavo questo regalo.


Grazie,

martedì 20 marzo 2012

E' UN MASCHIO

Passo molta parte della mia giornata a dire così alla maggior parte della gente che incrocio quando sto con l'Uno.
Vi spiego come è andata.
L'Uno ha sempre avuto dei bei capelli. Tanti. (E per me che ne ho due, non è da poco). E biondi. Ma quel biondo che si placa d'inverno e s'accende in estate. Sembra che i raggi gli si poggino in testa così, a caso.
Dunque tagliarli con il rasoio no. Non ce la potevo fare.
Intorno ai sei anni gli ho detto: "Ma perché non li teniamo un po' più lunghi?".
Non l'avessi mai fatto.
Non li ha più voluti tagliare.
E ora ha quasi otto anni.


I maestri lo hanno costretto al codino a scuola. Ed è stata dura. Perché per lui coda = bambina.
Guarda con sufficienza chi (tutti) gli dice che pare una bambina. Ma per fargli accettare la coda c'è voluto un mese.
Le maestre lo hanno aiutato. Al primo che ha osato prenderlo in giro, una l'ha ripreso in modo deciso e l'altra ha detto che anche suo figlio ha i capelli lunghi, e allora? E il silenzio che a quel punto è calato è stato rotto solo dal rumore delle cicale. E lui si è sentito protetto. Tant'è che la coda sì, ma solo a scuola.

Cosa penso io?
Penso che una tagliata non ci starebbe male. Penso anche che per avere otto anni, il figliolo è sicuro di sé, o perlomeno non gliene importa una cippa di quello che pensano gli altri. E questo nella vita aiuta.

Ma se continuerà ad opporsi nel taglio dei capelli, noi lo costringeremo a cambiare idea?
E' questa più che altro la domanda che mi assilla. E' giusto fargli cambiare idea, trovare lo stratagemma per fargli tagliare i capelli solo perché... perché? Non so.
Forse è il suo modo per sentirsi diverso ed essere riconosciuto. Ma questo forse non è una brutta cosa, no?
E' sereno in quel cammino. E noi cerchiamo al meglio di rispettarlo.



lunedì 19 marzo 2012

P come PAPA' - PIOVE - PENSAMI - PARLAMI...

Per un pomeriggio abbiamo lasciato spazio ai papà. Hanno raccontato, disegnato, collaborato.


Abbiamo fatto merenda, giocato, sudato.


Poi, grazie a questo libro, abbiamo pensato ai papà. E abbiamo composto.

Uno: papà urlo. (Quella a destra sono io che lo chiamo)

Due: papà urlo (a sin.) e papà basket (a dx)

giovedì 15 marzo 2012

TRE ovvero QUELLO TRA DUE

Scusate. Ma mi sento in colpa perché oggi mi sono infilata nel primo negozio di giocattoli e gli ho preso il primo gioco che mi sembrava meno stupido degli altri.
Mi sento anche in colpa perché mi sono infilata nella prima pasticceria a comprare la torta, perché ci teneva...  io non sono riuscita a farla: "Io due anni. Torta mia".
L'ho lasciato da una nonna stamattina perché ero a scuola e dall'altra nonna questo pomeriggio perché avevo il doppio turno di basket.
Quello che mi salva da tutti questi innumerevoli sensi di colpa nei suoi confronti è che ha due colonne di fianco.


Lo sorreggono, lo aiutano. Sì, a volte lo spingono e lo sgridano. Ma lui quando li vede li abbraccia.
Oggi compie due anni. 
Gli piace la televisione ("Uno solo. Poco poco!"), 
gli piace leggere ("Quetta mela, quetta pela, quetta agola...."), 
gli piace rompere le cose ("Ohhhhhh, caduto!"), 
gli piace dormire nel lettone ("NOOOOO! Lettino noooo!!! Chifooooooo...."), 
non gli piacciono più gli spinaci ("Bleaaaa!"), 
gli piace di più la mamma del papà ("Come mi chiamo io?" - "Mamma!" - "E lui come si chiama?" - "K!!"),
ha capito quando è bello stare piccoli ("Uno e Due (s)cuola, io casaaaaa!!!"),
e quando diventare grandi ("Taglia io!! Taglia ioooo!", "Amore, la bistecca la taglio io!" , "Io grandi!!").


 Auguri, piccolo patello.


mercoledì 14 marzo 2012

ROVINARSI CRESCENDO DUE



E anche:

naturalmente il Bimboverde
Melablù
Stima di Danno

Guchi
Owl
Ruben
I Dejavù
Murasaki
Mafalda
SuSter
Teti900
Mamma Cì
Parola di Laura
Mammozza
Mammola
Simoff
Maggie
Giorgia
Eu
Mamma F
MammaTogata
El_Gae
Penta
Antonella
Gua-sta 
Rem
LaGattaGennara
Giorgia
Tatiana S.
Elle
Anna

e Gabri (da notare il foularino!!) qui:




chi ha voglia si aggiunga nei commenti o mi mandi una foto via mail (mammainverde@gmail.com).

martedì 13 marzo 2012

LANCIO DEL ROVINARSI CRESCENDO DAY ovvero LA STRANA FAMIGLIA

Un po' di tempo fa... un bel po' di tempo fa, un tipo ha commentato un mio post. Come spesso mi succede sono andata a curiosare a casa sua e quel posticino lì mi piaceva proprio.
Cosa aveva di così bello? Non so. Trovavo e trovo una certa assonanza nei suoi pezzi. Mi sembrava riflettesse molto un'anima bella quel blog, e così ho cominciato seriamente a seguirlo.
Dopo poco lui ha lanciato un gioco. Pubblicare una propria foto da bambini in un preciso giorno. E l'ha chiamato Rovinarsi Crescendo Day.
Beh, io già impazzivo per il blog, poi con quel titolo... manco a dirlo, ho partecipato... e inoltre ho adottato il Rovinarsi Crescendo come etichetta, perché in quelle due parole si celava un mondo.

Ecco, oggi questa strana famiglia si riunisce, io la MammainVerde e lui, il Bimboverde, vi invitiamo a partecipare di nuovo al

ROVINARSI CRESCENDO DAY 2

Banner by Bimboverde
Le istruzioni sono semplici.
Domani 14 marzo (visto il successo facciamo entro il 15 MARZO!!) pubblicate una vostra foto da bambini. Quella che volete, quella che avete nel cassetto, quella di cui per caso avete fatto la scansione. Se avete voglia mettete il banner sotto. Se non avete un blog mandatemi una mail con la foto.
Non si vince niente. Non si guadagna niente. E' proprio come un gioco. E per gioco ci mettiamo la faccia...

lunedì 12 marzo 2012

I GRANDI NON CAPISCONO

Per una difficile questione che ora non vi sto a raccontare, noi venerdì sera siamo andati a vedere lo spettacolo di fine anno (sic!) della scuola primaria.

Era una formula già vista l'anno scorso, ma ciò nonostante, sempre emozionante.
Certo, vedere che tuo figlio è in seconda, non più il piccoletto più piccoletto degli altri, ma due dita più alto, già toglie un po' di emozione. E' così...


Poi è stato il turno delle rosse terze. La classe di A., un bimbo con una grande disabilità che non gli permette di parlare, ma che ha cantato coi compagni, grazie al suo alfabeto scritto e alzava dei cartelloni sulle parole della musica. E allora, proprio allora, mi sono emozionata tantissimo. Quella emozione lì, quella vera, quando il cuore batte fortissimo. E mentre guardavo A. felice cantare mi dicevo che questo è il plus della scuola pubblica, la sua forza, la sua magia mi viene da dire. 
Ma spesso, purtroppo, i grandi non capiscono...



(Anche quest'anno Sulutumana hanno accompagnato i bambini nel progetto. So che tra di voi ci sono grandi estimatori del genere, vero Melablu?)

venerdì 9 marzo 2012

DIARIO NOTTURNO

Per il Venerdì del Libro oggi, Homemademamma, vi parlo di:


Ennio Flaiano è sempre stato per me in primo luogo uno sceneggiatore tra i più bravi. Voi prendete uno qualsiasi dei capolavori di Fellini e vi ritroverete anche lui.
Il Diario notturno è molto spesso ritornato alla mia mente perché è stracitato da molti autori e dunque mi sono decisa.
Io non amo molto l'aforisma. Mi sembrano frasi buttate là in cui il desiderio di stupire con l'arguzia supera l'importanza del contenuto.
Quindi partivo scettica.
In realtà il libro raccoglie anno per anno (fine anni '40 e prima metà dei '50) dei diari. Ci sono racconti (ex: Lo Sbadiglio in cui un uomo continua a sbadigliare e la mascella si blocca sempre alla massima estensione...), ci sono taccuini di viaggio e sì, aforismi.
Perché è un libro che adesso ritengo imprescindibile?
Perché il suo approccio alle cose della vita è ironico.
Perché pur guardandolo da lontano, Flaiano adora la sua terra.
Perché si sofferma sulle relazioni, in modo così delicato e poetico.

Il suo racconto più bello secondo me e Gli indirizzi dove un signore cambia l'agenda degli indirizzi e comincia a riflettere su chi metterà e chi toglierà:

Altre persone adesso si scopre a considerarle come certi remoti paesi veduti nell'infanzia che non potrebbe, nemmeno se volesse, rivedere perché gliene mancherà il tempo e soprattutto perché non ricorda nemmeno dove sono. Eppure sono paesi importanti, tanto importanti che non ha mai smesso, si può dire, di abitarli.
E' un gioiello prezioso questo libro.

Cogliere l'incredibile nel gesto più solito, meravigliarsi sempre. Succede che la vita è piena di spettacoli non conformi alle nostre abitudini visive, spettacoli e forme che dovrebbero turbarci per la sconnessione col mondo circostante o per le allegorie che così hanno voluto disporli. Ma perdiamo forse tempo a notarli e a meravigliarcene? Se così fosse, ad ogni momento ci chiederemmo un perché, e forse niente e nessuno potrebbe risponderci.
(Qui le prime dieci righe.)

giovedì 8 marzo 2012

SUL METTERCI LA FACCIA o LE MANI o LE PAROLE o I SOGNI

Ieri sera, grazie a Francesca, ho conosciuto cinque donne, mi sono informata su cinque progetti, ho condiviso cinque tensioni, ho sorriso a cinque volti.
Questi.


Anna

Anna è polacca. C'entra questo, eccome. C'entra perché se no non potrei raccontarvi i suoi dolci.
Sono stratificati, alti, cremosi, ricchi.
Sono fatti con ingredienti genuini e non artificiali. Perché "la vaniglia è la vaniglia!".
Con l'aiuto di un foglietto scritto al computer dal figlio - perché parlare davanti a trenta persone non è facile, soprattutto in una lingua che non è la tua - ci ha narrato la sua passione. 
Cucinare dolci polacchi, "ma anche italiani".
Poterli vendere, magari aprire un sito per farli vedere.
Perché davvero vederli è magnifico anche solo per gli occhi.



Marcela

Anche in Cile Marcela insegnava yoga. 
Là il boom della disciplina è scoppiato dopo rispetto all'Italia, dove ormai la richiesta di istruttori si è normalizzata.
Lei porta lo yoga a casa.
Per i bambini, ma soprattutto per gli adolescenti che sono iperbombardati dagli stimoli, ipercinetici, che di fatto hanno già sul loro corpo e nella loro mente l'impronta dell'ansia e dello stress.
Oppure, dice, insegnava ai lavoratori nelle aziende.
Le aziende stesse offrivano questo servizio ai propri dipendenti oppure i lavoratori organizzavano dei gruppi.
Marcela vorrebbe poter continuare questo cammino...



Marta

Marta lavora per vivere e per mangiare. Ma non fa quello per cui si è formata: la naturopatia.
Ci racconta la sua formazione iniziata per curiosità personale e poi sfociata in vocazione.
Ma non è proprio così, dal caso, che nascono le occasioni migliori, mi dico?
Si è specializzata in riflessologia plantare e iridologia.
Narra della sostanziale differenza tra medicina tradizionale e medicina alternativa.
Ci parla di stati emotivi, ci spiega (evviva!!) come si estraggono i fiori di bach.
Narra di sottili interconnessioni e di sfumature.
Questo le piacerebbe fare,
curare, sfumando.



Gala

Gala è un'amica di lunga data. E' Russa. E corrisponde a tutti i miei personali luoghi comuni sull'essere russi. E' bellissima e coltissima. 
E' laureata in matematica astrofisica o chessò io.... sta di fatto che ha lavorato nelle stazioni satellitari Russe e i suoi genitori erano docenti universitari.
Poi, come ha raccontato, ha cambiato vita una volta
ritrovandosi a lavorare come impiegata.
E di nuovo, ora, è a una svolta.
Ha cresciuto da sola due "meravigliosi bambini" e ora deve trovare un nuovo lavoro.
In linea con i miei piccoli e scontati pensieri sul mondo russo, naturalmente lei suona benissimo
il violino, il pianoforte e la chitarra.
Ecco qual è il suo progetto. 
Insegnare ai bambini a suonare.



Katia

Katia ha scelto di farsi ritrarre così. E io rispetto la sua scelta. E vi regalo la sua voce, le parole che lei ha donato a noi ieri sera:
"La mia riflessione è nata da questa domanda: CHE CITTADINANZA HA OGGI IL SOGNO GIOVANILE CHE PRENDE FORMA NELL'IMPEGNO SOCIALE ED ANCHE POLITICO?
Nessuna. Il più delle volte quello che manca è addirittura il sogno,laddove c'è però...lo si controlla!
E poiché i sogni non si controllano , ho scelto di condividerlo, inserendolo in contenitore fatto di donne con storie autentiche e differenti.
Mi chiamo Katia, ho 37 anni e di professione faccio l'estetista (...). Arrivo da un'esperienza educativa nel campo della disabilità grave gravissima (...). Mi sento spesso ambivalente: l'educatrice e l'estetista, e spesso mi chiedo come due dimensioni apparentemente distanti , riescano a convivere tra di loro. Penso che entrambe siano orientate verso un unico obiettivo: il benessere, il prendersi cura dell'altro con metodi diversi. (...) Oggi lo faccio attraverso un massaggio, una pulizia viso, una ceretta, senza mai distaccarmi dall'altra dimensione che mi permette a partire dal sé corporeo a educare alla possibilità della bellezza come qualità sostanziale per l'essere e non mero abbellimento della forma."


L'anno scorso ho festeggiato così il mio otto marzo, partendo dalle donne che mi avevano formato.
Oggi lo voglio festeggiare con le donne che mi fanno sognare, con cui mi piacerebbe condividere un cammino, donne che ammiro per il coraggio e la determinazione.
Ho chiesto loro la foto perché quello è il segno di massima esposizione. Perché soprattutto nel mondo dei blog, così sterili di rimandi diretti, di foto esplicite, la loro foto lasciasse un'impronta. E l'imbarazzo è stato il mio sommato al loro nel mettersi più o meno in posa.  

Ringrazio anche Francesca che mi ha invitato e che ha organizzato l'evento. A volte la chiave di volta sta nella semplicità dello svolgimento.

Rilancio i progetti di Anna, Marcela, Marta, Gala e Katia. Chi abita a Como e provincia e fosse interessato mi mandi una mail che io non esiterò a girare alle dirette interessate.
Chi volesse allargare questa iniziativa e raccontare altri sogni e altri progetti è pregato di mostrarsi.


mercoledì 7 marzo 2012

SULLA POLITICA ovvero LA RICERCA DELLA FELICITA'

Questo è il manifesto da cui partire. E MelaBlu,  ElleDi e Maria, sono le artefici della scoperta, traduzione e diffusione dello stesso.


Questa è una settimana strana, dove la politica, anzi la Politica entra prepotente nei miei meandri, nella mia testa e nel mio cuore
Chi segue da un po' questa mia casetta virtuale sa benissimo che noi siamo dentro la politica fino al collo.
La politica in senso stretto e in senso lato.
Questo manifesto l'ho condiviso con il K. che non l'ha ancora studiato per benino ma che me l'ha fatto salvare sul suo desktop. E non è poco. Tipo che solo pochi eletti .doc raggiungono un tale ambito posto.
Nella sua veloce lettura e cercando di capire se potessimo in qualche modo usarlo per l'imminente campagna elettorale, ma ha detto che no, è troppo difficile, è per pochi, bisogna estrapolare.



Sì, è vero. E' un po' difficile, ma è giusto che sia così. Perché la realtà è complessa e difficile e ridurla ma al contempo comprenderla è davvero un ardito compito.
E se poi include il concetto di felicità, beh, allora tutto diventa esponenzialmente più arduo.
K. ci perde la testa. E gli sta dedicando ogni minuto del suo tempo libero, anche a scapito della sua famiglia. Io sono arrivata addirittura a sognare una vita più ritirata per lui e per noi...
Ma niente. La sua biblioteca esplode alla ricerca di una risposta definitiva che con molte probabilità non arriverà mai.


Poi un giorno torna da un liceo dove aveva fatto un intervento nelle classi e mi racconta.
Prima di andare aveva portato l'Uno a scuola materna. E una maestra lo informa di un fatto che poi lui ha raccontato in classe.
Le maestre hanno chiesto ai bambini dove vanno a fare la spesa. Ipercoop!! Bennet!! Esselunga!!
L'Uno ha alzato la mano e ha detto che lui va al Mangianatura con la mamma (gli altri due non erano nati). A piedi, o col triciclo, una volta anche col trattore. Dice loro che nel negozio ci sono tre amiche a vendere e che il latte è segnato con il suo nome.
Il K. ha detto ai diciottenni che lui parla e spiega le anomalie economiche, le irrazionalità del sistema occidentale, ma poi davanti a questi eventi diventa inerme, perché pensa che il fare sia più importante del parlare. Che da lì passa il senso di comunità, il senso dell'agire pratico, il senso (autentico) del decentramento, in sostanza, da lì passa la felicità.


A me ha lusingato molto. Perché come madre, molte volte mi fermo e mi chiedo: servirà? E alla fine della storia siamo noi a piangere e rifornirci di benzina allo stesso tempo.
Io penso che le parole siano importanti e che il suo lavoro serva.
Diciamo che ci siamo divisi i compiti: a lui pertiene la polis e a me la felicità e davvero questo mestiere non mi dispiace. 

martedì 6 marzo 2012

IL NINO ovvero SULL'INTRANSIGENZA

Non ho chiesto il permesso.
Di solito lo faccio. E' giusto.
Ma questa volta non ne ho avuto il coraggio.
Mi nascondo dietro questo blog semi-anonimo per difendermi e per narrare del mio magma. Stasera più che mai.

"Le interiora al gatto
e l'anima
al gelso di Pietro"

Ci sono delle persone che si incrociano nella vita e che segnano. A volte loro malgrado.
Esistono delle personalità forti, prorompenti o forse semplicemente sfaccettate e piene che fanno aderire lo sguardo.
Ecco. Nino è una di quelle. E' il papà di un nostro amico. Una di quelle amicizie che stanno lì, scattano avanti per un po', poi si fermano mantenendo la brace calda e di nuovo si infiammano. Quelle amicizie che la mattina "Ciao!", "Ehi ciao!" e poi si torna con la testa rivolta all'asfalto a camminare veloci verso le proprie macchine e la propria vita che ha mangiato parte di quello che fu.
Nino io l'ho sempre visto a casa sua, nel suo giardino. Pochissime volte l'ho visto fuori. Il K. lo vedeva sempre in consiglio comunale, perché lui, il Nino, cascasse il mondo, ci andava a sentirlo questo benedetto consiglio. E si incazzava spesso. Spesso a ragione, spesso per eccesso di intransigenza.
Un passionario lo si può definire. Un legnamee comunista. Che qui in Brianza è come dire una bestemmia. E' come se lui fosse stato l'esempio vivente della possibilità di fusione tra olio e aceto.

Ci sono delle persone che si incrociano nella vita e che ti formano. Plasmano dentro di te un vissuto.
Grazie al K. ho conosciuto molte persone di questo spessore e il Nino era una di queste. Un fuoco che ha contribuito a modellare la nostra coscienza civile. Ecco il Nino a noi cosa ha donato.
Con il suo battersi senza fronzoli, con l'attenzione per la città in cui viveva, con quell'incazzarsi per molto e per poco. Intransigente.

Un gigante. Alto e grosso. Quando parlava ti guardava e muoveva le mani consumate. Affiancato da una donna magra che ricordo solo sorridente e che tentava amorevolmente di contenere l'uomo della sua vita.

Il Nino oggi riposava. L'ultimo saluto appoggiato sul suo banco da lavoro. La bandiera della Pace a sfiorargli le gambe.
Il Nino se n'è andato alle quattro di notte, come ci ha annunciato un amico prima di leggere queste parole:

LE QUATTRO DEL MATTINO
di W. Szymborska

Ora dalla notte al giorno.
Ora da un fianco all'altro.
Ora per i trentenni.

Ora rassettata per il canto dei galli.
Ora in cui la terra ci rinnega.
Ora in cui il vento soffia dalle stelle spente.
Ora del chissà-se-resterà-qualcosa-di-noi.

Ora vuota.
Sorda, vana.
Fondo di ogni altra ora.
Nessuno sta bene alle quattro del mattino.
Se le formiche stanno bene alle quattro del mattino
- le nostre congratulazioni. E che arrivino le cinque,
se dobbiamo vivere ancora.

Se voi capitaste per caso nella mia città e vedeste una casa con un immenso giardino. Se questa casa fosse antica e placida, se avesse gli infissi di legno marrone rifatti spesso e ora solo un poco scrostati. Se avesse una bottega che la sostiene e la accende. Se avesse dei grandi vasi di terracotta attorno.
E se questa casa avesse un giardino che la accoglie e se questo giardino fosse fatto di prato e di betulle e di palme e di cedri enormi. Se fosse un vero giardino, quello dove si gioca e ci si perde. E se questa casa con questo immenso giardino fosse proprio lì, quasi nel centro di questa grigia e stanca città, allora con molta probabilità avreste trovato la casa di Giacomo, detto il Nino.


(Un signore con la fisarmonica davanti al Nino oggi suonava così...)

lunedì 5 marzo 2012

IL MUSEO DI STORIA NATURALE ovvero SUGLI ANIMALI

Premesso che sono stata scollegata causa Fastweb. E dunque ho perso pezzi, leggo solo ora storie, ho perso commenti....
Ma a parte questo... continuo a stare. Perdura la situazione e questo mi rende serena.

Venerdì pomeriggio i quasi ventidue gradi ci hanno portato dalle nostre vicine di casa, le capre.


Poi un saluto ai cavalli e infine agli asini.
Ecco, appunto. Gli asini. Mai nome più appropriato no?
A parte che a me tutta sta poesia sugli asini proprio.... Cioè sono stupidi no? Sì sono metafora di semplicità, di povertà anche. Ma che cavolo... mi hanno giocato un brutto scherzo.
Mentre io ero tranquillamente seduta a bermi il sole e i duedue erano appunto dagli asini, sento un urlo straziante.
Ommamma!!! Questo è il Due, sì, lo so è lui che urla! Lui gli ha dato da mangiare e l'asino gli ha preso il braccio, ommamma devo correre... e l'urlo acuto continuava a me sembravano minuti ma erano secondi, pochi pochissimi. Quelli che occorrono a una persona per scattare, scivolare da una rivetta e schiantarsi planando sulla ghiaietta. Rialzarsi e vedere due bambini con gli occhi sbarrati che ti osservano. I tuoi figli.
"Mamma quanto sangue". Le mie mani!!!!
"Ti porto io lo zaino mamma"
"Ma perché hai fatto così?"
Che fare? Dire loro del maledetto asino, ingiuriarlo perché non è così che si raglia, perché io vengo comunque dal centro eccheccavolo.
Sì, dire tutto.
Nonono bambini. Tutto a posto!
Ma quanto cavolo fanno male le abrasioni da ghiaietto???


Non vi faccio vedere i palmi delle mani perché sono un po' bruttini da vedere...

Ma tant'è... siamo andati a vedere gli animali da quando sono nati fino a ora al Museo di Storia Naturale di Milano.
Abbiamo visto ossa e ossicini, minerali, dinosauri....


E poi animali imbalsamati, di tutti i tipi. Tanti, tantissimi, anche l'asino. E non diceva la targhetta che raglia come il mio secondo figlio, ma me lo sono fatto andar bene lo stesso.
E' stato divertente e le ricostruzioni sono ottime. Mi ricordavo un museo impolverato, con le ragnatele tra le corna e invece è tutt'altro.

Guardare gli animali da vicino e conoscerli bene. Questo il mio prossimo passo.