Perché a volte è più azzurro che verde.
domenica 28 aprile 2013
lunedì 15 aprile 2013
SUL MANDARE AFF..... NEL GIRO DI POCHI SECONDI
Questo è proprio un post del lunedì.
Questo è proprio un post del lunedì mattina della prima primavera.
Non so a voi, ma a me accade questo: la gente mi insulta, o mi ferisce dicendo cose molto infelici. Ma lo fa col sorriso sulle labbra, o meglio con quella faccia di inconsapevolezza, di leggerezza (nel senso più tragico del termine) che esula in genere da commenti sull'intenzione.
Non me ne accorgo subito. Questo è il problema.
Quando succede avverto un fastidio, come una nota che stona e rimango muta, guardando il mio interlocutore in cerca di qualcosa che dal suo viso sveli l'arcano. Ma in realtà non c'è nulla da svelare, è tutto lì, in quella frase innocente che mi ha ferito.
E le parole affondano dentro di me, e io le guardo mentre sono da sola, mentre guido in macchina, mentre faccio la doccia e mi dico che mi hanno fatto male, ma ormai le ho inglobate, non riesco più a tirarle fuori dal mio corpo, devo solo attendere per digerirle, per annientarle con la forza del tempo.
Lo so che molte persone sono nelle mie condizioni.
A volte mi chiedo se sia una prerogativa di genere la risposta immediata.
Vi racconto questo aneddoto.
Il K. è sindaco della nostra città.
E' andato ad un evento molto importante a livello internazionale e lì gli hanno presentato un famosissimo industriale il quale l'ha chiamato con il nome di un sindaco donna di una città vicina.
Ora, è difficile che questa "confusione" non sia priva di malizia e così, nel momento dei saluti di commiato, il K. ha salutato l'industriale chiamandolo con il nome di un suo altrettanto famosissimo e concorrenziale collega.
Lui è trasalito: "Ma io non sono...."
K: "Oh, mi scusi! Ma si consoli, almeno io non l'ho scambiata per una donna!"
E se n'è andato.
Se fosse accaduto a me, avrei rosicato, come si dice.
Ma lui no. Ha risposto.
Chi risponde sta meglio, di questo sono sicura. Come sono sicura che se il fastidio nasce occorre avere la forza di rispondere, è giusto, è corretto nei nostri confronti.
A me a volte parte la giustificazione dell'altro prima ancora che io abbia ben capito quanto mi ha fatto male.
Ma questo è un lavoro tutto mio, gli altri parlano, sparano cartucce e se ne vanno tranquilli mentre io mi soccorro.
Sono arrivata all'amara conclusione che la mancata presa di coscienza di aver ferito qualcuno con le proprie parole sia a tutti gli effetti grave tanto quanto averla avuta.
Questo è proprio un post del lunedì mattina della prima primavera.
Non so a voi, ma a me accade questo: la gente mi insulta, o mi ferisce dicendo cose molto infelici. Ma lo fa col sorriso sulle labbra, o meglio con quella faccia di inconsapevolezza, di leggerezza (nel senso più tragico del termine) che esula in genere da commenti sull'intenzione.
Non me ne accorgo subito. Questo è il problema.
Quando succede avverto un fastidio, come una nota che stona e rimango muta, guardando il mio interlocutore in cerca di qualcosa che dal suo viso sveli l'arcano. Ma in realtà non c'è nulla da svelare, è tutto lì, in quella frase innocente che mi ha ferito.
E le parole affondano dentro di me, e io le guardo mentre sono da sola, mentre guido in macchina, mentre faccio la doccia e mi dico che mi hanno fatto male, ma ormai le ho inglobate, non riesco più a tirarle fuori dal mio corpo, devo solo attendere per digerirle, per annientarle con la forza del tempo.
Lo so che molte persone sono nelle mie condizioni.
A volte mi chiedo se sia una prerogativa di genere la risposta immediata.
Vi racconto questo aneddoto.
Il K. è sindaco della nostra città.
E' andato ad un evento molto importante a livello internazionale e lì gli hanno presentato un famosissimo industriale il quale l'ha chiamato con il nome di un sindaco donna di una città vicina.
Ora, è difficile che questa "confusione" non sia priva di malizia e così, nel momento dei saluti di commiato, il K. ha salutato l'industriale chiamandolo con il nome di un suo altrettanto famosissimo e concorrenziale collega.
Lui è trasalito: "Ma io non sono...."
K: "Oh, mi scusi! Ma si consoli, almeno io non l'ho scambiata per una donna!"
E se n'è andato.
Se fosse accaduto a me, avrei rosicato, come si dice.
Ma lui no. Ha risposto.
Chi risponde sta meglio, di questo sono sicura. Come sono sicura che se il fastidio nasce occorre avere la forza di rispondere, è giusto, è corretto nei nostri confronti.
A me a volte parte la giustificazione dell'altro prima ancora che io abbia ben capito quanto mi ha fatto male.
Ma questo è un lavoro tutto mio, gli altri parlano, sparano cartucce e se ne vanno tranquilli mentre io mi soccorro.
Sono arrivata all'amara conclusione che la mancata presa di coscienza di aver ferito qualcuno con le proprie parole sia a tutti gli effetti grave tanto quanto averla avuta.
Etichette:
femminile,
mpb - mamme in pausa bambini,
rovinarsi crescendo,
sentire
venerdì 5 aprile 2013
ACQUA BELL'ACQUA
Il mio venerdì del libro.
Lo so che non ne potete più. Ci sono 10 gradi fissi, siamo ad aprile e abbiamo indosso ancora la giacca invernale.
La natura freme, pronta ad accogliere un'occhiata di sole.
Ma l'acqua scorre e scorre...
Lo so che non ne potete più. Ci sono 10 gradi fissi, siamo ad aprile e abbiamo indosso ancora la giacca invernale.
La natura freme, pronta ad accogliere un'occhiata di sole.
Ma l'acqua scorre e scorre...
ACQUA BELL'ACQUA
10 storie sul bene più prezioso
di
E. Nava, G. Quarzo, R. Piumini, V. Zamparelli, G. Migliorati, L. Fusca, S. Roncaglia, G. Quarenghi, B. Tognolini, P. Formentini
FILASTROCCA DELL'ACQUA
Acqua fuggita dalla sorgente
Chiudo le dita e non stringo niente
Acqua canzone fatta di fresco
Voglio cantarti ma non ci riesco
Acqua leggera, vento da bere
Stai prigioniera nel mio bicchiere
Scivola in bocca, scivola in gola
Sei filastrocca ma senza parola
Scivola giù per le gole segrete
Non c'è più acqua, ma non c'è più sete
Bruno Tognolini
Storie intense e divertenti. Filastrocche leggere e veloci.
Un cd per ascoltarle, se non avete voglia di leggerle.
ACQUA
Sono torrente, sono fiume, mare
sono di vento, io, sono di fuoco
se vuoi tenermi, lasciami andare
se vuoi che resti, spegnimi un poco.
Cullo gli inizi, li faccio sbocciare
sono la gran-pancia-mamma del mondo
bacche e radici mi piace leccare
sporgo mi sperdo, riemergo, sprofondo.
I giorni scorrono sulle mie braccia
sono più grande di tutte le voglie.
Le albe galleggiano sulla mia pelle
non posso finire tutta in bottiglie.
Sono un tesoro che sfugge alla caccia
e lavo di notte i piedi alle stelle.
Giusy Quarenghi
mercoledì 3 aprile 2013
OGGI E' PRIMAVERA
Oggi è primavera perché la porta verso il giardino è aperta.
Perché i bambini da due ore sono fuori e non ho voglia di mettere a dormire il Tre, si perderebbe cose fantastiche.
Perché i bambini da due ore sono fuori e non ho voglia di mettere a dormire il Tre, si perderebbe cose fantastiche.
Perché ci sono i muratori ed è l'unico momento, la primavera, in cui quel martellare non ti dà fastidio, ma riempie l'aria, è quasi un ritmo avvolgente.
Perché i fiori i aprono e ieri non c'era nulla e oggi è pieno. Vuoto-pieno. Questa è la primavera.
Perché i bambini vorrebbero mettersi il costume.
Perché è difficile capire le sfumature, ci si mette anni. In autunno se fa freddo vorrebbero subito la neve, in primavera vorrebbero subito la piscinetta. E' difficile assaporare quell'intermezzo strano, quelle stagioni di passaggio e mutamento.
Ma è così bello.
Quei gialli inaspettati ieri a Milano. Quegli angoli pieni. Insignificanti fino a pochi giorni fa e ora indispensabili.
E' primavera, la prima camelia è fiorita e altre ne verranno.
Etichette:
casa,
felicitalento,
sensi,
una stagione
Iscriviti a:
Post (Atom)