lunedì 14 gennaio 2013

SULLE PAURE A 8 ANNI ovvero PARLARE DI BAMBINI GRANDI

Un po' di tempo fa un'amica mi chiedeva come mai tra i mammyblog si trovassero molti argomenti nella fascia pre-scolare (0-6) e pochissimi per quella successiva.
Questo interrogativo, come mi è solito, me ne faceva aprire altri.
Io parlavo meno di Uno nel mio. Era vero. Perché?
Le questioni da piccoli sono più trattabili?
Cosa mi bloccava?

Penso che le questioni 0-6 anni siano più facilmente condivisibili semplicemente perché in parte legate alla parte 'fisica', 'corporea': mangia il bambino? Lo allatto? Cammina? Gattona? Rompe le cose? Ci parla insieme? Ha tolto il pannolino? Dorme di notte?... ecc. E queste sono tutte domande che da genitori ci hanno coinvolto e che hanno coinvolto i nostri bambini.
Poi si passa alle questioni più emotive ed emozionali: il primo giorno al nido, alla materna; le prime amicizie; il rapporto coi fratelli; ecc. ecc.
E anche questi sono argomenti condivisi nella superficie anche se poi declinati in maniera diversa da bambino a bambino. Ma la generalità del tema e il fatto di sapere che il lettore a cui ti stai rivolgendo (presumibilmente un altro genitore) stia affrontando lo stesso problema, stimola la tua voglia di condividere.


Scrivania di ottenne.
Poi succede questa cosa che tuo figlio cresce. La sua autonomia fisica e di pensiero cresce e improvvisamente parlare di lui diventa più difficile. Hai paura di ferirlo. Hai paura di metterlo alla finestra, di esporlo all'acuta analisi.
Le problematiche lentamente ma inesorabilmente divengono private. Come il corpo di un bambino, a ben pensarci, che in spiaggia a due anni gira liberamente nudo e poi a cinque vuole l'asciugamano per cambiare il costume e a otto si barrica nello spogliatoio e chiude a doppia mandata. Questo succede fuori e succede dentro.
Per rispettare questa esigenza, noi genitori chiudiamo.

E' difficile trovare un equilibrio, dunque, nella documentazione di ciò che accade a mio figlio. Però quest'anno a noi è successa una cosa che mi ha spinto a cercare in rete qualcuno a cui fosse successa, per capire meglio.
Io il punto fermo che ho sempre avuto rispetto al blog, e alla mia scrittura in generale è: domani questo tuo figlio lo leggerà.
Dunque scrivo cose che possano aiutare me e un domani lui.

L'Uno ad un certo punto ha cominciato ad avere delle paure insolite. A richiedere la mia presenza fisica. A temere un po' la notte. A domandare di particolari insoliti (come si chiude la porta, come funziona l'allarme). A temere eventi catastrofici (il famigerato tsunami, il tornado, ecc...).
Ho chiesto a una persona di fiducia e del mestiere cosa gli stesse accadendo e lui mi ha risposto che, in anticipo un po' sui tempi anagrafici (in genere avviene tra i 10 e gli 11 anni), l'Uno stava passando una sorta di crisi esistenziale. Una rottura dell'incantesimo, si può dire. L'Uno in quei momenti aveva capito che suo papà e sua mamma potrebbero un giorno non esserci più, che la casa può essere davvero violata, che la natura contro la nostra volontà può essere davvero terrificante.
E' uno stacco dall'infanzia, doloroso, come tutti gli stacchi. E a me, probabilmente, più che a lui, ha fatto paura.
Il sogno si è spezzato e la realtà con tutto il suo peso è andata sulle sue spalle.
Come abbiamo fatto per gestirla?
In due modi essenzialmente.
Sotto consiglio di questa persona, la sera abbiamo usato una crema alla lavanda da spalmare sul petto. Un rito, dunque, come da piccolini. Il contatto, il profumo squisito, il rituale dell'accompagnamento, ci siamo Uno, siamo qui.
E poi la vicinanza. Richiedi vicinanza e io te la do. Vuoi che mi sieda accanto a te mentre fai i compiti, mi siedo. Vuoi sicurezza, te la do. Vuoi tuo papà più presente, e via al cinema con lui.

Piano piano tutto è rientrato, con lenta delicatezza.
E' un passaggio, avverrà, magari non in questa forma, anche al Due e al Tre.
L'Uno non ne sarà ferito per questo mio racconto, ne sono sicura.
In fondo, è stata la testimonianza della sua e della mia paura e della vittoria su di esse.

6 commenti:

  1. E' vero; è dura quando vedi creparsi quella campana di vetro che non hai messo per escluderlo dal mondo, ma solo per far sì che lo veda piano piano.... è dura quando arrivano le domande sui grandi temi della vita e a tavola a cena ti trovi a spiegargli la guerra fredda, l'antisemitismo, la caduta delle torri gemelle...(noi abbiamo sempre delle cene DIFFICILI)e tu cerchi di spiegare piano piano, per non rompere il vetro tutto d'un botto.

    Anch'io ho pensato poi che c'è poco sull'età scolare, quasi che non serva più parlarne e confrontarsi. E invece sarebbe utilissimo.

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  2. Che belle riflessioni...per noi è ancora presto e non ci avevo mai pensato però prima o poi succederà. Credo che ogni età si auna fase, difficile, complicata e bellissima...se permetti vorrei ricordare una battuta che circola nelle sale parto, "Dottore, quando finirà questo patimento?" .... "Signora, non prima dei diciotto anni!!!" :-)))

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  3. Noi siamo lì, alla lotta, ancora lontani dalla vittoria. A sei anni.
    Mentre mi interrogo anche io su quanto è giusto esporre, vorrei far sapere a te e a Uno che questo post aiuta me, proprio in questo momento, ad aggiungere un tassello in più, a continuare nel metodo che ho scelto, simile al vostro, un po' rincuorata, sperando che sia quello giusto anche per noi. Grazie

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  4. Credo che le tue riflessioni siano capitali e condivido in pieno le tue conclusioni.
    A me il Pulce ha chiesto ieri di mostrare i suoi disegni solo alle mie amiche, e non ho mai parlato dell'esperienze di logopedia, o di problemi fisici che lo possano esporre troppo.
    Non ho parlato delle paure (catastrofiche, identiche a quelle dell'Uno) che l'hanno attanagliato due estati fa,a 5 anni, e si sono un po' riproposte all'inizio dell'ultima estate. I rimedi sono stati gli stessi. Più contatto, più coccole, massaggino serale profumato, il "permesso" di regredire, contenuto. E poi la normalità del gruppo di amici, di pari, che se le paure rimangono, insieme le si può affrontare, e ci ridiamo su. La morte, la vecchiaia, la malattia, la vita. A un certo punto ci sono.

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  5. Le tue parole hanno dato risposta a dei miei comportamenti, perchè quando erano piccole condividevo molto di loro e adesso (7 e 10 anni) ci penso sempre molto.

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  6. Grazie. Siamo nella stessa situazione. Bambino è cozza e scoglio con me, non vuole andare nella sua stanza da solo e chiede sempre di chiudere la porta a chiave a doppia mandata prima di andare a dormire.
    Vado di olio di lavanda da spalmare sul petto. Mal che vada va bene anche per il naso chiuso.
    Un abbraccio,
    Monica

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