giovedì 30 gennaio 2014

DON GIOVANNI ovvero FILIPPO TIMI

Filippo Timi l'ho visto la prima volta al cinema in Come Dio comanda di G. Salvatores.
Mi aveva impressionato molto la sua interpretazione, in particolar modo mi aveva colpito la sua voce e la sua fisicità, forse anche a causa delle riprese molto ravvicinate di Salvatores, mi sembrava una roccia granitica questo padre.

Quando un attore mi incuriosisce così, non lo mollo facilmente.
L'ho visto in Vincere di M. Bellocchio e mi ha sempre più convinto.
A teatro non ero mai riuscita a vederlo, perché il Teatro Parenti a Milano era sempre strapieno e insomma non era cosa.

Quando un bel giorno la mia amica L. mi fa una proposta e io l'accetto e lei trova i biglietti e noi andiamo a vedere il Don Giovanni di e con Filippo Timi.


Naturalmente noi siamo brave ragazze e studiamo. La L. mi passa il libro di Timi Tutt'al più muoio, libro dal titolo meraviglioso, mapponazzo da 600 pagine, la sua vita. E di anni ne ha 40.
Bhe, in effetti non è stata propriamente una passeggiata questa sua vita, piena di problemi fisici (Timi balbetta, ma non in teatro,  e ha una malattia agli occhi che non gli permette di vedere le immagini nitide) non da poco, ma soprattutto colma di voglia di emergere, ma non di emergere sugli altri, da di emergere da se stesso.

Ecco, lo spettacolo è la stessa cosa.
Togliamoci subito di mezzo le cose che mi sono piaciute meno: di sicuro la seconda parte, quella del sentiero che porta alla morte del protagonista. è la meno interessante e perde un po' il ritmo. Ma tre ore di spettacolo vogliono fisiologicamente dei momenti di rallentamento.
Ma soprattutto mi pare che Timi ceda nei momenti che lui cuci come quelli più lirici o per lo meno più catartici.
Il Timi che mi piace rimane quello dell'emersione della passione per la vita, del piacere che provoca in noi spettatori nel vederlo così dentro quelle spoglie. Della voce profonda e rauca che segna il passo con un'energia fuori dal comune. Del piacere che ha nello sfoggiare quei costumi meravigliosi, dell'altalenanza tra sacro e profano in modo buffonesco.
Davvero passa sia nello spettacolo che nel libro il suo attaccamento feroce a questa vita che a volte vede come una maledizione, un amore folle e senza limiti, un amore sudato davvero.
Lui ha nella provocazione la sua energia vitale, che però perde peso, a mio parere, nel momento in cui Timi cerca di forgiarla in pensiero razionale. 
Timi è un corpo (senza vista), una voce (che balbetta) che già col solo esserci provocano reazioni, non ha bisogno di altro, non ha bisogno di spiegarcela troppo la fatica che ha fatto, perché ce l'ha disegnata su se stesso.

E poi, non so se a lui farà piacere, ma a me ieri sera è venuto in mente un altro uomo e un altro libro che sempre mi ha regalato L.:
Alfabeto Poli si intitola, dove Paolo Poli si racconta in brevi aneddoti. Me lo ricorda non solo perché Poli ha fatto del costume la metafora perfetta del suo teatro eccessivo, ma per l'atteggiamento:

Io do ancora scandalo. A ottant'anni suonati! Il vescovo di Barletta (...) in un'omelia ha tuonato ai suoi parrocchiani: "Non andate a vedere gli spettacoli di quello lì". 
Ma non è meraviglioso?

E soprattutto nella frase così Timiana:

Finché il cuore sanguina, è ancora vivo.

Qui le prime dieci righe dei libri di Timi e Poli.
Questo post partecipa al venerdì del libro di Homemademmma!

mercoledì 29 gennaio 2014

SUI CASSETTI ovvero LA CUCINA COME LA INTENDO IO

Noi abbiamo un tavolo in cucina vecchio.
Non quel vecchio anni '60. Ma vecchio vecchio, tipo inizi '900.
Non ha valore di per sé, "l'è fà de péscia!" direbbe mio papà, ossia di abete, legnaccio per noi della brianza.

Eppure quando l'abbiamo scelto nella piccola cooperativa che ristrutturava mobili antichi, ci ha subito convinti per una sua peculiare caratteristica:


Il cassetto centrale.

I miei nonni paterni avevano un tavolo in cucina con un cassetto solo per i bambini. Era pieno di matite colorate (i pennarelli questi sconosciuti) e di pastelli a cera lunghi lunghi con alla fine un buco dove mi piaceva infilare il mignolo, e dove la cera era così sottile che si spezzava subito.
I miei nonni materni avevano il tavolo super lusso in formica verde e il cassetto era pieno di cose vietatissime a noi bambini: coltellacci, forbici enormi e nere, aghi, ecc.

Per me il cassetto è la cucina, intesa come luogo stanziale, in cui ci si ferma, in cui si sta insieme, io mentre cucino e loro mentre fanno i compiti o disegnano. Io mentre leggo e loro mentre fanno merenda. La mia cucina è quel cassetto, così scomodo perché per prendere qualcosa devi sempre far spostare un altro, eppure così ricco.

A me il cassetto, dovendo rispecchiare la mia casa, piace un po' incasinato. C'è tutto: carte, pennarelli, scotch, metro (legnamee inside), incenso, fogli da riciclo. Ed è il fulcro. Gioisco quando lo apro anche perché è mutevole, non sai mai cosa di preciso ci troverai. Cresce con noi, da coppietta appena convivente era pieno di certificati elettorali, e spine e prese. Poi coi bambini piccoli termometri e infine questa accozzaglia di inutili e fondamentali amenità.

Un po' me li tengo ancorati lì i miei gnomi, lo so. A domanda: dov'è mamma? Rispondo: guarda nel cassetto, qualcosa che ti serve troverai. Che è un po' come dire di guardare qui nei miei paraggi, in prossimità di me, tra i miei arnesi. Sta di fatto che trovano lì dentro sempre qualcosa che interessa loro.

lunedì 27 gennaio 2014

CICLOPE

Il ciclope è una figura affascinante.
Il più famoso rimane Polifemo.
Ai bambini è sempre piaciuto molto questo mostro.
A me hanno sempre fatto tenerezza, e non penso solo a me, visto il successo dei Minion:


O il nostro amato Placton:





E poi quell'occhione grande mi fa pensare al famoso e fatidico terzo occhio. Quello sopra di noi, in mezzo ai nostri occhi, quello che apre le coscienze.
Grandi occhi. Terzi occhi. 
E' un gran tema per me questo.

Quindi quando ho visto questo tutorial non ho potuto non provare a farlo.







Non trovate una certa somiglianza?

PS: Il Due domani lo porta a scuola, stanno facendo i cinque sensi e mi sembrava una bella occasione!
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