venerdì 27 gennaio 2012

L'EPOCA DELLE PASSIONI TRISTI

Sono sicura, cara Homemademamma, che non disdegnerai l'idea di unire la tua meravigliosa rubrica del Venerdì del Libro alla Giornata della Memoria.
E' stato casuale questo incontro, ma illuminante. Il libro è questo:

L'EPOCA DELLE
PASSIONI TRISTI
di M. Benasayag
G. Schmit
- Feltrinelli -


I due autori sono due psicanalisti, uno dei quali è anche un filosofo, che lavorano nel campo dell'infanzia e dell'adolescenza. Partono il loro trattato chiedendosi come mai si trovano ad avere sempre più richieste di aiuto da parte delle famiglie o degli insegnanti. 
La loro risposta arriva nelle prime pagine, dove dicono che le crisi di cui si occupano avvengono in una società essa stessa in crisi. Ci siamo resi conto...
del venir meno cioè di quella credenza che stava a fondamento delle nostre società e che si manifestava nella speranza in un futuro migliore e inalterabile: una sorta di 'messianismo scietifico' che assicurava un domani luminoso e felice, come una Terra promessa.
E continuano spiegando il titolo del libro:
Per dirla in termini più chiari, viviamo in un'epoca dominata da quelle che Spinoza chiamava le "passioni tristi". Con questa espressione il filosofo non si riferiva alla tristezza del pianto, ma all'impotenza e alla disgregazione.
Ed eccoci qua.
Il genocidio "razionale" degli ebrei è esemplare perché quell'orrore...
... ha visto morire la sua (dell'Occidente) speranza fondamentale: quella di sradicare la barbarie nel mondo grazie allo sviluppo della ragione, dell'intelligenza e della cultura.
In sostanza loro dicono che paradossalmente i bambini e i ragazzi arrabbiati, che sfidano il mondo adulto, che sentono addosso il peso di esistere, sono più calati nella realtà della crisi dei genitori e degli insegnanti che cercano di spronarli verso un futuro che non esiste più (nell'immaginario della nostra società).
Ma questa impasse porta con é delle conseguenze pesanti: la crisi dell'autorità (la relazione con l'adulto percepita come 'simmetrica') e quindi dell'anteriorià (l'anzianità come fonte di autorità). E l'adolescenza prolungata: come fa un ragazzino ad uscirne quando la sua crisi personale corrisponde ad una crisi della società?
Proseguono osservando il problema dell'apprendimento.
... i problemi di apprendimento sono rivelatori di una difficoltà di desiderare nella vita, di desiderare la vita (...) Così nella pratica quotidiana dell'educazione, si passa dall' "invito al desiderio" a una variante più o meno dura di quello che potremmo chiamare "apprendimento sotto minaccia".
L'utilitarismo dell'educazione. Ecco il problema dicono. Non posso fare "sprecare" del tempo a mio figlio, non si deve concedere il "lusso" di imparare cose che non servono, tutti gli sforzi devono tendere all'eccellenza, "sola garanzia di sopravvivenza in questo mondo pieno di pericoli e di insicurezza, caratterizzato dalla lotta economica di tutti contro tutti". Per questo la scelta di chi fa il giardiniere non è vista come un orientamento dettato dal desiderio, ma come un fallimento scolastico.

Continuerei a descrivervi le teorie di questo libro illuminante, delle soluzioni messe in atto anche in campo clinico, della loro idea di legame e molteplicità... ma è tutto troppo vasto e ho già scritto troppo.
Concedetemi solo un'ultima citazione:
"... più sviluppiamo la serialità e l'individualismo, più rendiamo pericoloso il mondo e lasciamo che l'emergenza, il non-pensiero e la tristezza governino la nostra vita. (...) il filosofo cinese Tchouang Tse spiegava che "tutti conoscono l'utilità dell'utile, ma pochi quella dell'inutile". L'utilità dell'inutile è l'utilità della vita, della creazione, dell'amore, del desiderio..."
Me lo ripeto ogni mattina, da quando non lavoro più e ho a che fare con la mia solitudine e la mia inattività lavorativa. Ogni giorno. Ogni giorno.

11 commenti:

  1. quell'inutilità inutile lì non è misurabile, quello destabilizza...

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  2. "... i problemi di apprendimento sono rivelatori di una difficoltà di desiderare nella vita, di desiderare la vita (...) Così nella pratica quotidiana dell'educazione, si passa dall' "invito al desiderio" a una variante più o meno dura di quello che potremmo chiamare "apprendimento sotto minaccia".

    Come sento vera questa frase... proprio ieri ho avuto una giornataccia con mia figlia che sta traballando un po' con i risultati in I media dopo un unizio brillante, sembrava che non le interessasse minimamente... quando ho buttato i suoi smalti nella spazzatura (lo so, ero in preda a una crisi di nervi), lei è scoppiata in un pianto inconsolabile... io mi sono sentita sconfitta. Ho percepito quale fosse il suo interesse reale al momento.

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    1. Penso che per i bambini e i ragazzi arrivi un momento in cui l'apprendimento diventa davvero una cosa difficile da affrontare. Ciò non toglie che le basi di come li vediamo noi non cambiano. Questo penso sia lo scarto. Questa la teoria. Ma capisco tanto il tuo senso di sconfitta. E anche il suo.

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  3. Mmmmm... un altro libro da leggere. Sto affrontando ricerche sull'adolescenza per lavoro, ho diversi giovani pazienti in blocco evolutivo e la sfida è enorme. Chi cresce fuori dalla famiglia ha bisogno di trovare nella società ideali in sintonia con i propri, e modelli con cui confrontarsi da cui prendere piccoli pezzi per costruire la propria identità di individui nuovi di zecca. Lo scarto col reale in quest'epoca mi pare incolmabile.. a volte mi viene voglia di scappare e portare i mie figli con me, cercare un nuovo mondo, dove ci sia ancora speranza, ma non solo la speranza delle piccole cose. Ma dove?

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  4. Comunque ho già ordinato questo libro su ibs... vieni a vedere il mio?

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  5. Libro molto interessante, lo segno nella mia wish list. Non so se sono pronta a ricominciare a leggere libri di psicologia e pedagogia dopo una full immersion nei primi due anni e mezzo di eSSe, ma quando lo sarò sarà tra i titoli da leggere. Solo sull'ultima tua citazione avrei bisogno di comprendere meglio come è contestualizzata, perchè se ravviso i limiti dell'approccio che stimola la serialità (e lo comprendo sulla mia pelle, io sono seriale per certe cose e per questo comprendo molto bene cosa scrivi dopo), in genere non sono d'accordo con gli autori che considerano l'individualismo come la ragione di tutti i mali del mondo - e non vedo nesso tra le due cose -, perchè questo è totalmente opposto al mio modo di sentire. La frase seguente invece e il tuo commento sono così significative...
    Posso farti solo un micro appunto, da "collega"? Non dire più "da quando ho smesso di lavorare", tu lavori eccome! Ti occupi della famiglia e farai mille altre cose. Il fatto che per questo nessuno ti paghi non significa che non lavori. Inoltre quanto la tua presenza in casa compensa e produce non ha prezzo anche se molti autori americani sarebbero in grado di calcolarti qunanto spendereste in più se tu non fossi lì.
    Detto questo ti capisco benissimo perchè 3 anni fa ho fatto la stessa sceltaa e proprio perchè so benissimo cosa intendi e come ci si sente a volte ogni tanto mi invento qualche collaborazione per prendere "boccate dell'altro mio mondo".
    Grazie per questo bel post e del prezioso scambio con Palmy.

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  6. In questo momento non è un libro che riuscirei a leggere in modo spedito... Ma riconosco l'importanza del tema.

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  7. Molti amici pedagogisti mi hanno suggerito questo libro, ma per ora e li': non ho avuto ancora il coraggio di leggerlo. Un po' per pigrizia mentale un po' perchè il tema adolescenziale mi è sempre stato difficile da affrontare. Non a caso ho sempre lavorato con fasce d'età piu' basse... Alcuni argomenti pero' sono trasversali e dalla ta recensione mi sembra che l'argimento trattato in questo libro interessi tutti...
    Lo prendero' in mano sicuramente. Grazie!!

    Per quanto riguarda la tua ultima frase... bè mi ci ritrovo molto, soprattutto in questo periodo in cui lontana da casa, dai miei punti di riferimento, dalla mia lingua e dalla mie attiivtà didattiche mi sento molto spaesata. trovo nella formazione e nell'autoformazione una buona valvola di "sfogo" che mi toglie quel senso di inutilità che a volte mi prende.

    Grazie del suggerimento e di questi importanti spunti di riflessione

    Buon fine settimana
    Paola

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    1. Colgo l'occasione della tua visita per ringraziarti per il tuo lavoro che trovo davvero fondamentale per me. Ti capisco perfettamente... ma se quel tuo senso di inutilità poi produce il tuo blog e le tue riflessioni, allora davvero capisco la verità della frase del filosofo cinese.

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