lunedì 25 maggio 2015

DI LA', DI QUA

Di là bambino
di qua ragazzino
Di là con le unghie lunghe e nere
di qua con pensieri che non sanno tacere
Di là che frigna perché giocando perde
di qua a guardare quel prato, che è bello quel verde
Di là uffa i compiti che scocciatura
di qua sul divano perso nella lettura
Di là mamma dove vai?
Di qua Giona stai attento, se no sono guai
Di là passi a darmi un bacio prima di dormire?
Di qua mamma stai seduta vado io ad aprire
Di là un bambino che fra le mie braccia cresce
di qua un ragazzino libero come un pesce





domenica 15 marzo 2015

IL MIO BAMBINO FLUIDO ovvero SULLA FELICITA' DI UN BAMBINO DI CINQUE ANNI

Tre compie oggi cinque anni.
Tre spesso mi parla della sua felicità, di come può essere felice.
A volte la sua lucidità mi spiazza, perché affondano le sue domande in territori difficili e spesso non mi dà il tempo di ragionare le mie risposte e dunque arranco, imbastisco una risposta cercando di rassicurarlo.
Per lo più lui si volta e torna a giocare sereno, lasciando dentro me un solco.

Foto filtrata secondo il gusto del Tre

Tre è un tipo un po' particolare, in effetti.
E' sostanzialmente un bambino molto libero. Ha molto chiaro in mente quali sono le cose che lo rendono felice, solo che spesso non corrispondono con i comuni stereotipi che accompagnano un bambino di cinque anni. E dunque lui si chiede perché. O lo chiede a me. 
E io gli spiego che a volte vivere in mezzo agli altri non è sempre semplicissimo. Che agli altri le cose nuove spesso fanno paura.
Tre è un bambino fluido. Entra ed esce dalle cose e dalle situazioni cambiando continuamente pelle. Non è stabile, fisso, immutabile. Lui si travasa nei mille contenitori della vita, mutando forme e stato e colore. 
Può essere un bambino drago feroce che mangia uomini e bestie. E subito dopo diventa una leggiadra principessa che balla sulle note di Frozen, affranta per il proprio destino.
Nel suo continuo spostamento di senso, stordisce chi gli sta accanto perché è imprendibile, inafferrabile Tre. La fluidità ha anche questa caratteristica. Le sue particelle corrono le une sulle altre e si mischiano.
Ora è un bambino che gioca sereno col pongo, guardandosi in giro per non farsi vedere mentre ne inghiotte dei pezzi, e dopo pochi minuti mi dice che ha capito, che lui per essere felice deve superare la vergogna. 


Per essere felici.
Quante volte io mi sono domandata, come lui, come si fa ad essere felici?
Come si può mantenere quello stato? Ma poi, è possibile?
Lui chiede a me e io cerco con lui. Lui apre a me e io a lui. 
Uao. Forse già qui, in questo nostro scambio c'è già dentro tanto della felicità.
Dice Epicuro all'inizio della sua Lettera sulla Felicità, che non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità, e che a qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro.
E il Tre lo sa.
Auguri bimbo mio.


giovedì 5 marzo 2015

IL RAGAZZINO LUMACA ovvero SUGLI IRRAZIONALI PENSIERI DI UNA MADRE

In un primo pomeriggio soleggiato di marzo, una madre e un ragazzino di quasi undici anni sono appoggiati al calorifero tiepido. Il sole li abbraccia. Fuori soffia un vento forte, impetuoso.
Anche loro si abbracciano. Non si sa chi abbia abbracciato per primo, perché a volte tra le persone che si vogliono bene, succede che ci si accolga vicendevolmente tra le braccia all'unisono.
E allora alla madre viene voglia di dare un bacio a quel bambino grande e succede che glielo dia. Sul naso. E il ragazzino, non si sa se per il piacere o se per assaporare quel momento, ritira la sua testa nelle pieghe del maglione di sua mamma. E la mamma, che in quanto tale assapora ogni passaggio e cerca di ripeterlo all'infinito, gli ridà un bacio sul naso e di nuovo lui si ritira.
Ma nel silenzioso tepore che si spande da dietro i vetri della grande finestra, all'improvviso il ragazzino alza gli occhi sulla madre e le dice:
"Faccio come le lumache. Mi ritiro quando mi tocchi"
E alla madre viene da ridere, e ride. Perché quell'immagine lì, di lei che tocca le antennine di quel suo figlio che si ritira, le dà un immenso piacere.
E lei non sa perché, ma si ritrova a pensare che è proprio bello stare con questo piccolo uomo. E anche pensa, in modo del tutto irrazionale, che tutte le volte che lo ha visto giocare con le lumache, inseguire le coccinelle mettendosele sulla pancia nuda, scavare buche nel giardino, infangarsi le scarpe per giocare a ce l'hai, tutte queste cose... riemergono in lui.
E poi, sempre la madre, si ritrova a pensare che forse anche tutti i libri che gli ha letto centinaia e centinaia di volte, e le storie che lei ha inventato per fargli mangiare il passato di verdure.... tutta, tutta questa roba che lei ha fatto, a lei oggi in quella frase lì della lumaca, sembra riemersa.
E così la madre si dice che è servito. Fare tutta quella roba lì per il proprio figlio è servito. E non nasconde a se stessa che molte volte è stato un piacere ed altrettante una noia. E nemmeno nasconde a se stessa che tutta quella bella roba lì, in quel momento lì abbracciati, vicini al calorifero tiepido, accolti dal sole di marzo, tutta quella roba lì è riemersa anche per inondare lei. E lei è felice.



mercoledì 3 dicembre 2014

AFFONDARE IL COLTELLO ovvero BABBO NATALE DISVELATO

La casa è già addobbata. I folletti sono già venuti tre volte a riempire il calendario dell'avvento. Le lettere sono già nella testa dei miei tre nani. 
Ma uno mi guarda in silenzio ogni volta che sfioriamo l'argomento natalizio. E quello sguardo, quegli occhi puntati su di me, in attesa di risposte che dovrei dargli a prescindere dalla domanda, mi mette un po' a disagio.
Finche ieri il momento è propizio. Siamo io e Uno soli.



"Io credo che siate voi a portare i doni, non Babbo Natale"
E io sento un occhio inumidirsi, solo uno davvero.
E non so se si inumidisce per la malinconia di un'età bambina che è passata così velocemente o se lacrima per la felicità di vederlo crescere questo piccolo uomo.
Sta di fatto che comincia a tempestarmi di domande:
e come si fa? E dove si prendono i giochi? Quando si mettono i regali? Ecco perché eravate più agitati noi di voi! 
E tanto altro.
Beh, mi dico, è andata. Pensavo peggio. 
E invece sono qui a stendere tranquilla.
Quando di nuovo mi si avvicina:
"Ma i folletti invece sono veri vero? Solo loro a riempirci il calendario...." e questa volta lo sguardo era supplicante, tipo: almeno questo lasciamelo.
E qui ho tentennato. 
Non ho avuto subito la risposta esatta, ma dentro di me si levava piano piano l'immagine di un coltello che recide. Perché questo ho capito quest'estate grazie a Uno, che essere genitori spesso vuol dire recidere, staccare brutalmente, in un certo qual senso far morire delle parti.
E così ho fatto morire quella parte di Uno:
"No, non sono i folletti, siamo sempre noi."
Come quest'estate in cui gli ho detto che non erano gli amici che non potevano invitarlo a casa, era che non volevano. 
Disvelare la realtà è opera faticosa a tratti ma necessaria.
E come tutte le cose drastiche, dopo ti lascia addosso spossatezza ma anche leggerezza e voglia di ricominciare a rivedere le cose.

E' quello che mi manca in alcune giornate, qualcuno che sveli anche per me. Che tronchi i rami secchi che ancora cerco di annaffiare. 

domenica 30 novembre 2014

IL BELLO DELL'INFLUENZA ovvero A TAVOLA IN DUE


In novembre può capitare di ammalarsi, tossire tutta notte e poi alzarsi con le occhiaie. Capita spesso poi, se non sei tanto grande.
Questa volta è toccato all'Uno. E ora io e lui ci apprestiamo a pranzare, di domenica, solo io e lui, che gli altri proseguono le corse forsennate della vita oltre queste mura.
Mi piace così. Io e lui. Guardare da dentro il mondo fuori, rintanati. Proseguire la giornata senza moti improvvisi. Godersi il quotidiano.
"Che pasta vuoi?"
"Scegli tu!"
"Cambiamo dai. Fusilli!"
In silenzio insieme. 
Oh, che pace.
Poi all'improvviso viene, mi abbraccia e io pure.
E non devo distribuire altri abbracci che proteggano dalla gelosia.
Come potremmo fare senza influenza? Come?

giovedì 6 novembre 2014

DOMANI INVENTERO'

Un libro autunnale. Con un orso blu che galleggia nelle pagine, sull'abisso del domani.


DOMANI INVENTERO'
di A. De Lestrade e V. Docampo
- Terre di Mezzo editore -


Di libri sulla notte, sull'affacciarsi del buio, sulla paura del lettino solitario nella camera ce n'è a bizzeffe. E a bizzeffe meravigliosi.
Questo libro appena uscito per Terre di Mezzo copre secondo me uno spazietto nell'editoria sulla notte che mancava.
E' un libro 0-99 anni, che vede la notte come un confine da varcare. Il giorno è pieno di situazioni: l'inverno, la noia, il mare, la lettura... poi l'orso arriva al confine, la notte è incipiente ed è necessario voltare pagina, prendere slancio e non aver paura. Chiudere gli occhi e immaginare che se oggi è freddo e fuori dalla finestra c'è un bianco pupazzo di neve, "domani m'invernerò".
Oppure se oggi piove e sono steso sul divano, annoiato, stufo di stare, addirittura senza nemmeno la tv... beh, che problema c'è? Adagio le palpebre nel loro letto e prendo lo slancio, perché sicuramente "domani mi stuficchierò".
Ma infondo che importa. 
Grazie ad ogni pezzo di giorno, vive un pezzo di notte, e nasce un pezzo di domani.



giovedì 4 settembre 2014

SUL CRESCERE A TRATTI ovvero PERFETTO!

Uno ha 10 anni.
Gli piace leggere fumetti e disegnarli. Gli piace la wii, nuotare, andare a casa degli amici. Non vede l'ora che arrivi sabato sera per vedere il cartone lungo. Porta il 37 di piede. Ai parchi divertimento fa tutte le montagne russe senza timore, ma non entra nel castello dei fantasmi.

Risponde male a volte, soprattutto ai suoi fratelli. E quando glielo faccio notare mi guarda un po' smarrito, come se fosse appena tornato da chissà dove. Soffre un po' per le sue amicizie. Ascolta le audiostorie dei fratelli Grimm. Sbuffa se deve fare i compiti ma mi dice che scrivere è la cosa più bella del mondo.

A luglio è successa questa cosa.
Andiamo ad un incontro col CAI per la preparazione ad un'uscita. E' pomeriggio, siamo io, Uno e il piccolo Tre che naturalmente si addormenta tra le mie braccia mentre gli altri parlano di moschetti, giacche a vento e corde. E' caldo, in realtà forse è la giornata più calda di tutto luglio (non che ce ne volesse...). Finisce l'incontro e ci accingiamo ad andare. Chiedo aiuto a Uno.
"Mi prendi le borse, così io tengo il braccio Tre?"
"Sì!" risponde lui prontamente e si carica addosso due borse della spesa più la mia borsa personale. E così carichi ci incamminiamo.
Ci precede di pochi passi una ragazzina del gruppo Cai. Avrà 14 anni. E' accompagnata da sua mamma. E' molto carina. Capelli annodati, camicia, gonna corta. E guardo quella coppia davanti a me con la tenerezza di chi sa che quella cosa non l'avrà (la complicità tra madre e figlia), non con invidia, che è brutta, ma davvero con tenerezza.

Improvvisamente mentre io sono persa nei miei pensieri e Uno, chissà, nei suoi, lei si gira e dice ad alta voce: "Ciao Uno!" e con eleganza (che io penso di non aver mai avuto nemmeno nei miei momenti di gloria), svolta l'angolo.
Uno è sbalordito, si vede, alza la mano per il saluto, impacciato perché pieno di sacchetti e strozzato dice un "Ciao" che però si spegne subito perché il sacchetto nel frattempo ha preso il largo, sta volando sfracellandosi a terra e naturalmente scaraventando fuori ogni futile bendidìo.
Lei sempre voltata sorride alla volta del ragazzino incasinato. E lui chinandosi per raccogliere il tutto mormora una parola, solo una, a se stesso, che la sua mamma prontamente sente: "Perfetto!". Solo questo: "Perfetto!".

Il mio cuore ha avuto un sussulto. Dov'è il mio bambino? Chi è questo giovane che maledice la sua sgraziataggine di fronte ad una fanciulla in fiore?

Sorridendo lo aiuto. "Capita, non ti preoccupare" dico imbarazzata.
Il percorso in auto è silenzioso. Mi chiede di accendere la radio.



E io penso che si cresce a pezzi. Penso che una madre ha in mente una curva come quella, appunto, della crescita dei primi mesi di vita, per immaginarsi la formazione dei propri bambini. E invece si sbaglia. E' solo il corpo che è armonico, che si sviluppa uniformemente, il resto procede a ad accelerate improvvise in luoghi improvvisi. Ieri non sapeva come va il mondo là fuori, e oggi mi chiede se ho votato Renzi o Grillo (oh, gli altri li ha esclusi lui...): senso civico sù.
Ieri intravedeva un bambino piccolo girargli intorno, oggi sgrida il Tre perché fa giochi pericolosi: senso di responsabilità sù.
Ieri mi diceva "Io sto bene da solo", oggi incassa con dignità la prima vera gaffe di fronte ad una bella ragazzina che si è girata apposta per salutarlo: spostamenti del cuore sù.

E in mezzo a tutto ciò gioca a nascondino, urla "Geronimo!!!" quando fa una discesa ad alta velocità in bicicletta, frigna se gli tolgo un cartone.

Sono esterrefatta. Questo crescere a tratti è meraviglioso. E' come se non fosse proprio possibile crescere tutto insieme come fanno le gambe che s'allungano, ogni parte intima ha bisogno del suo tempo, ma forse, soprattutto della sua occasione.

Che mondo da esplorare!
Nel silenzio e nel caldo della macchina un bambino di 10 anni guarda fuori dal finestrino, ascolta la musica e pensa.

giovedì 19 giugno 2014

SULLA CARLA ovvero GHE SEM

Ghe sem è un'espressione dialettale delle nostre zone. La traduzione letterale è: Ci siamo. Ma è un "ci siamo" del lungo viaggio, della fatica, della felicità di esserci riusciti.

Comincio dalla fine a raccontare la Carla, che è stata da noi due giorni e che si è comprata una maglietta con scritto appunto Ghe Sem, prima di prendere il treno per tornare a Roma.

Il "da noi" è il "dal Tommaso", dove ormai mi sento un po' come casa mia, se per casa si intende un luogo dove tornare è bello.

La Carla è la Carla Ghisalberti, co-autrice di uno dei blog caposaldo per le recensioni di libri per bambini e ragazzi; membro di redazione di una delle case editrici più audaci del panorama italiano, orecchioacerbo; nonché lettrice per professione e formatrice. Insomma per me un po' un idolo, perché riesce a fare al meglio tre cose che hanno un peso fondamentale: parlare di libri, stampare libri, leggere libri.

La Carla e il Tommaso: non ho chiesto il permesso di pubblicarli, me ne vorranno?

Quel fine settimana sono successe tante cose. Anzi no. Sono successe tante piccole cose che hanno smosso grandissime cose. E' stato un fine settimana di linee intrecciate che continuavano a formare significati, a partire da uno dei libri di cui Carla ha parlato: Ballata di Blexbolex.
E' un libro piccolo, alto, con dei colori fantastici. Lo prendevo in mano, lo sfogliavo e lo lasciavo lì. Poi tornavo dal Tommaso e lo riprendevo in mano. Insomma, alla fine mi è stato regalato.
E Carla l'ha sviscerato. Mi ha spiegato perché mi sono innamorata di quel libro. Ed è così, succede come con gli uomini, ti innamori, non capisci, razionalizzi, ma non ti interessa e vai avanti e con quel libro è stato così.
Carla ha una padronanza della materia che è spaventosa. Mentre parla la vedi che sfoglia e la immagini che risfoglia e segna e scrive. E' un piacere sentirla.



Ma non voglio parlare del suo lavoro, voglio parlare del suo modo. Penso, da lettrice di libri nelle scuole, di avere più imparato da lei in 48 ore scarse, che in tomi e tomi di libri sull'approccio alla lettura.

Mi sono goduta le sue letture ai bambini come fossi una di loro e ho appreso.

Di un libro Carla prende il nocciolo, il senso ultimo e profondo e ne parla coi bambini, ponendo domande e stando in ascolto. Riprendendo le risposte e rivoltandole ad altri in un gioco che crea il gruppo, l'attesa, la voglia di capire in che direzione si stia andando... Ah il desiderio... e poi comincia la lettura e rifinisce il senso delle domande, le ricolloca.

E poi gli capita il gruppo in cui molti bambini conoscono già il libro che leggerà.
Io ho la tendenza ad andare nel panico quando mi capita, mentre lei ci gioca, lascia dire a chi sa per far intendere. Come un mago che gioca con le attese, tesse agganci e poi svela o fa svelare.

La Carla c'è, è così presente nelle cose che fa, così lì, così attenta da ridare subito, immediatamente grande dignità all'Ascoltatore, sia esso un bambino di quattro anni.

Io da grande, da mamma, auguro a tutti di poterla vedere da vicino, al lavoro. Vale più di molte lezioni pedagogiche.

(Poi ci sono state molte pieghe in questi due giorni, così speciali e belle da non poter essere narrate. Così vicine a me da volerle lasciare lì nei ricordi. Molto personali anche. O forse no, erano semplicemente questioni... dell'umanità.)


Grazie Carla.
(Il Tre ha visto il tuo cane, ha detto che vuole assolutamente vedere il tuo cane. E dopo, Roma. "Dopo", mi ha ripetuto.)

mercoledì 7 maggio 2014

I BAMBINI TRE ovvero OMAGGIO

I bambini Tre a volte esigono un post a parte a vanvera perché in genere hanno molte meno foto, molti meno video, molti meno momenti solitari con i genitori e naturalmente molti meno post.

Mi porto avanti col lavoro, in modo che quando mi dirà: "Ma tu mi hai dimenticato all'asilo, dalla nonna, ecc ecc." e aggiungerà: "E hai scritto di me molte meno cose!", io gli presenterò questo post.

Il Tre vuole assolutamente fare da solo le foto che ritraggono la sua amena famiglia in gita. A volte le foto appaiono un po' scentrate, ma al Tre non bisogna dirlo:


Il Tre ha molti libri. Vecchi. Tutti i membri della famiglia li sanno a memoria. Lui compreso, tanto è vero che il Tre riesce a riconoscere un Pollock all'istante, avendolo visto per tante e tante volte in Olivia:


Il Tre è così avanti che si fa già i selfies:


Il Tre deve farsi notare. E' insito nel suo dna. Non cammina, ancheggia. Non parla, urla. Non è propriamente un tipo che passa inosservato.


Il Tre se scatta l'ora ics del primo giorno di primavera, si veste leggero. Perché lui si veste da solo. Anche se fuori ci sono 10 gradi.


Il Tre ricicla, riutilizza. Gioca con quello che trova. Che tanto di giocattoli nuovi ne riceve davvero pochi. 


Il Tre è il terzo maschio. Voi mi capite. Ha già tutto il guardaroba per i prossimi 6 anni. La sua prima maglietta gliel'ho comprata pochi mesi fa. Lui l'ha presa. L'ha stesa e accarezzata. Mi ha detto che io sono gentilissima, perché gli ho comprato la maglietta più bella del mondo.
Non ho potuto non fotografarlo, anche perché s'è piantato in cucina per mezz'ora ad accarezzare.


Il Tre ama i dettagli e disegna meravigliosi omini con un grande ombelico.


Cosa dite? Che quell'enorme ombelico è metafora del mio rapporto con lui??
Sì, decisamente. Solo con i Tre si può vivere in piena libertà quel meraviglioso passaggio evolutivo chiamato Complesso d'Edipo.

Con questo post, mio amato Tre, spero di aver colmato il vuoto di quel giorno di marzo in cui compivi gli anni....








lunedì 5 maggio 2014

RATMANIACI

Mio figlio Uno ha una peculiarità che rivedo in me: l'innamoramento facile e assoluto.
Vediamo se con queste foto, scattate in un giorno ordinario - oggi - mentre cercavo di dare un senso a questa casa che condivido con lui, vediamo se riesco a farvi venire un'idea:







Boba Fett è sopra solo perché è nuovo!

A parte il casino di casa..... sì, è lui: RATMAN disegnato dal maestro Leo Ortolani!!

Dunque partiamo dall'inizio. All'inizio del nuovo millennio m'imbatto per caso in questo fumetto ed è amore a prima vista. Non capisco più nulla, setaccio edicole e fumetterie (io, una così brava ragazza che mette piede in quei luoghi da nerd pallidi ed emaciati...), fino a che chiamo l'editore e gli dico: voglio tutti i fumetti che avete a magazzino. TUTTI!!
E loro mi spediscono il pacco e io inizio a leggere e poi me li metto in libreria e con lo sguardo perso sui loro dorsetti, a volte li contemplo a vanvera.

Succede che faccio tre figli e che il primo legga fumetti a manetta e si soffermi su Ratman. La maestra (che conosce il Ratto) dopo che l'Uno in prima elementare si era presentato (lo giuro non lo sapevo!!!) in classe col fumetto, mi ha preso da parte e mi ha detto: "Forse è meglio partire con Topolino...".

E così io ho fatto.

Dev'essere che io allora gli abbia detto che avrebbe potuto leggerli più avanti, intorno ai nove anni, pensando erroneamente che lui mai avrebbe segnato in agenda la data.
E invece NO. E' un anno che legge e rilegge e rilegge il Ratman. Ogni situazione familiare la cita come già letta in uno degli innumerevoli numeri. 
A volte mi rilegge brani di racconti che presi singolarmente non fanno ridere, ma lui a stento trattiene le lacrime. E mi insegue: in bagno, mentre vesto il Tre, mentre correggo i compiti al Due, ecc. ecc.

Non contento ha cominciato a disegnarlo ovunque:

Qui in un omaggio al proprio papà.
Addirittura in un recente laboratorio con Aoi Huber Kono, splendida artista giapponese, mi ha messo il Ratto:


Se questo non è innamoramento, cos'è?

Ma mi sono risollevata quando ho incontrato un'altra mamma con un figlio come il mio. Solo che l'altro ha 14 anni e dunque ora so quali saranno i prossimi passi, tra cui più visite alla mostra di Lucca sui fumetti. Pensavamo anche, con questa mamma, di mettere insieme un Gruppo Mamme per gestire al meglio questa devianza fumettistica.
(Naturalmente entrambe parlavamo cercando di non far emergere troppo la NOSTRA smisurata passione per il Ratto, tipo: "Eh, ma quel racconto con la Cinzia che.... non lo può capire!!", "Eh no! Forse potrebbero capire quello dove lui....").

Non sto a dirvi che l'abbonamento al Topolino a deciso di convertirlo con quello di Ratman.



Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...