Nonostante sia tornata, il ritmo estivo mi blocca. O meglio. Non ho più voglia di correre, ho solo voglia di fermarmi. Seduta, magari anche a fare il punto croce per la bavaglina di Gnomo Due, per settembre. E questo è il perché sono tornata e sono subito sparita.
Oggi mia mamma compie gli anni.
Riflettevo così, tra me e me questo pomeriggio mentre ero sul terrazzo dei miei e guardavo i miei figli giocare, dopo essere stati tutta mattina da lei. Pensavo che se non avessi avuto lei (e mia suocera, ma la storia è un po' diversa, ca va sans dire....) non avrei fatto tre figli.
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Nonna con crema anti-cadute incorporata,
ovunque noi siamo, lei ce l'ha. |
E' una lunga storia la nostra, dura da trentasei anni. Io sono la sua unica figlia femmina, ultima di tre per giunta, e per questo un po' la invidio. A dire il vero da figlia non è mica così semplice la questione, in fondo i suoi nodi al pettine sono un po' anche i miei mentre con i miei fratelli la questione è diversa.
Com'è mia mamma?
Un casino. No, nel senso che non basterebbe una sciatta paginetta per descriverla.
Direi che la prima caratteristica è che non si ferma mai, è sempre in movimento, lei cammina. Muoversi, spostarsi da un posto all'altro la fa stare bene. E' inafferrabile. Le sue foto sono poche perché le odia, ma anche perché non riesci a beccarla ferma. Oppure se è ferma, tu sei stesa.
E a braccetto con l'essere in movimento ci sta l'essere anima in pena. Lei mi ha regalato questo simpatico gene, l'essere anima in pena e il vivere male la stasi. Certo, nel passaggio da lei a me il piccolo gene deve aver perso un po' di verve, perché io comunque sto più al mio posto...
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Nonna camminatrice. Al mare? A piedi! Magari nel paese vicino: 6 km.
E se è riuscita con Gnomo Due... |
Io gongolo un po' di avere una mamma così, perché in fondo mi piace. Il lavoro non la scoraggia. Da quando andava a prendere legna con la carriola all'età di Gnomo Uno, fino a ora, quando le lascio tutti i pargoli e lei organizza una gita con due bici + passeggino a chilometri di distanza da casa.
Non ha avuto una vita facile, però mi dico, c'è stato qualcuno nato a ridosso della seconda guerra mondiale che abbia avuto vita facile? L'ambulanza le ricorda le sirene di guerra. Si è fatta Roma-Milano a quattro anni sotto un bombardamento.
Ehi. Non ha un carattere facile. Con orgoglio guarda il Due e gli dice che loro sono del segno del leone e sì, ruggiscono, ma non so perché della famiglia sono quelli ai quali guardo con più tenerezza.
Quando ero piccola lei lavorava molto. Ho sentito la sua mancanza? Sì. Si può dire che i miei ricordi d'infanzia siano legati molto a mia nonna. Ricordo il giorno in cui si è dimenticata di venirmi a prendere all'asilo. Io con le suore, seduta, in silenzio, con la valigetta in mano. Ho sofferto e per anni quell'episodio è stato il mio vessillo contro di lei. Per tutta l'adolescenza. Ci siamo scontrate. Tanto.
Un amico quando è nato l'Uno mi ha detto: ricorda, le età dei figli si sviluppano a settenni. 0-7 anni: meravigliosi. 7-14: cominciano a essere poco simpatici. 14-21: tragedia internazionale. Dai 21 ricomincia la quiete. Il mio percorso è stato quello.
Adesso, quando mi capita di guardare l'orologio e di accorgermi di essere in ritardo per la scuola materna, la comprendo. E' inutile, diventare genitori, ti fa smettere di essere figlio.
Avere mia mamma tra i piedi a me tranquillizza. Perché molte cose, negli ultimi anni, le ho passate indenni grazie a lei. In primo luogo quel capovolgimento totale che è l'avere dei bambini. Con la nascita di Uno io sono un po' andata a pezzi. Lo sapevo, lo sentivo, ma non riuscivo perfettamente a raccontarlo. E dunque mi sono adagiata su di lei. Uscivo la mattina di casa e andavo da lei fino a sera. Mi faceva dormire, mi dava da mangiare. Sono cose semplici. Sì, cavolo! Sono cose da mamma. Semplici.
Ma oggi, il giorno del suo compleanno, con lei un po' offesa perché il tempo è un nemico inesorabile, vorrei usare questa pagina per darle il regalo che oggi non le ho fatto.
Non ricordo precisamente l'anno. Io avevo circa 15-16 anni. Era luglio. Avevamo la Fiat Tipo grigia. Lei mi ha preso. Abbiamo caricato una valigia leggera. E siamo partite. Dove andiamo? Ci diciamo. In toscana. E dove se no. Dove madre e figlia in fuga a luglio possono andare?
Ricordo ogni attimo di quei quattro giorni meravigliosi. Ricordo i ristoranti dove pranzavamo, sotto i pergolati, con i vigneti ai nostri piedi. Ricordo le colazioni con le torte. Ricordo che avevamo sempre il tettino della macchina aperto. Ricordo i vestiti, gli odori e la sensazione così decisa di non voler fermare la macchina, di continuare a viaggiare fino alla fine dell'Italia. Quello è stato un passaggio, l'inizio di un riavvicinamento. Il momento perfetto di fusione di intenti e di sentimenti.
Come da manuale nei rapporti tra madre e figlia. Come abbiamo rimesso piede nella nostra brianza, non abbiamo mai riparlato di quel viaggio. Ne son successe di cose dopo. Tante, tantissime. Abbiamo di nuovo litigato, di nuovo ci siamo allontanate per poi ritrovarci. Ma quei quattro giorni sono spariti dai nostri discorsi, dalle nostre parole.
Perché i figli, adesso lo so, sanno bene dove colpirti. E l'episodio dell'asilo è ancora lì, dentro di me. Ma basta che io apra quell'altra porta e noi siamo lì, io e lei. Felici. Sì, felici. Cavolo, non è sempre così semplice, vero mamma?