giovedì 31 marzo 2011

CASE CHE MUOIONO vs CASE CHE NASCONO

Stima, sono in vena malinconica. Non so che mi prende, sarà la primavera.
Davanti a casa mia, proprio di fronte al mio appartamento, è stata abbattuta una casa. Quisquilie, roba da poco, il mondo è pieno di case che vanno giù e tornano su. Ma se quella casa faceva parte del tuo mondo, se è sempre stata lì, quanto avevi tre, dieci, diciassette, ventotto, trentacinque anni, se gli avevi tolto la facciata scrostandola con le tue piccole dita (ma di cosa le facevano le case??), se avevi fatto il tuo record di cento palleggi senza fermarsi sul quella facciata senza finestre, se andavi da tua cugina a cena lì e aveva quei panini così buoni, se il suo tetto proteggeva la tua casa in modo da permetterti di non avere le tende... allora quest'immagine diventa a suo modo dolorosa.


Quanto i luoghi ci si attaccano alla pelle e al cuore. Te ne accorgi quando all'improvviso, per un cambiamento, saltano i punti di riferimento e cambiano le prospettive e immediatamente cambiano le abitudini. Due giorni fa era così, un ammasso di detriti e già oggi è una spianata e già domani saranno gli scavi per le fondamenta della nuova casa che verrà. Ma per allora, noi ce ne saremo andati, andremo anche noi nella nostra nuova casa. E dalle finestre delle nostre nuove stanze, dovremo ricominciare a ricomporre le nostre sicurezze: là quella casa, lì quegli alberi, la cascina alle spalle e il grande prato davanti... Quella vecchia casa scrostata dalle dita dei bambini vivrà così in me, come la polvere del cortile ghiaioso della nonna e il parcheggio dell'ospedale dove giocavamo a palla nome chiama.

mercoledì 30 marzo 2011

BUIO IN SALA ovvero JUNO

Carissime Mamme C&F, è primavera dai. Guardiamoci intorno... rami senza foglie ricchi di fiori, bambini matti pazzerelli, ormoni in ricarica, e pancioni che spuntano da ogni dove. In onore dei pancioni. Soprattutto.

JUNO di Jason Reitman


Lei, la trama: una ragazzina di sedici anni rimane incinta del compagno di scuola. Ora, lei è una super-ragazzina, con un carattere che avercene a trent'anni. Decide di abortire, poi ci ripensa e trova una coppia a cui darà il "fagiolo" (prendete nota dei nomignoli con cui chiama la piccola creatura, meravigliosi). Negli Stati Uniti si può. Solo che alla fine.....

Lei, l'attrice: Ellen Page. Mi sarebbe piaciuto avere quel faccino lì a sedici anni. E diciamocelo, giocava facile la tipa (classe 1987) interpretando un'adolescente. Però la naturalezza non è così comune nemmeno in un'attrice e lei interpreta così bene questa quasi donna incasinata, con una pancia che non la fa sedere nei banchi di scuola. E' tenera, ecco il termine. Tenera.
Beh, a ben pensarci, trovatemi una donna in attesa che non sia tenera....

Lei, la sceneggiatrice: Diablo Cody. Gulp! Che nome...  La forza di questo film è per lo più merito suo, e lei, scusate, ma è donna! Perché, nonostante la regia maschile, il film è femmina fin nelle viscere. 
E' un film di dialoghi, di temi enormi e paurosi trattati con pochi scambi di battute.
Noi italiani un film così non l'avremmo mai potuto fare, le nostre menate avrebbero preso il sopravvento, il nostro background cattolico, il nostro atavico bisogno di schierarsi... Mentre negli Stati Uniti loro, liberi dai vincoli, riescono a confrontarsi con questi temi in modo, come dire, smaliziato, e dunque più vero.
Juno  (Giunone, giusto per una rinfrescata) decide di tenere il bambino perché una sua coetanea gli fa notare che il piccoletto nella sua pancia ha già le unghie.
Ditemi voi, quel pensiero lì, non racconta, se non tutto, molto dell'avere in sé una creatura?
Vi rendo esplicita la mia posizione, bando agli equivoci, sono abortista. Ma quando la folla s'infiamma su questo tema e lancia anatemi sia da una parte, che dall'altra, mi pare che dimentichi che ci sono sempre una donna e un "fagiolo". E che quella donna lì in quel momento soffre e pensa e sente e vive dentro di sè. Dentro di sè. Dentro il proprio corpo. Penso che ci siamo momenti in cui gli altri debbano sospendere il giudizio, osservare da vicino queste donne che stanno lì, ferme, con il loro "fagioletto" e amarle e stargli vicino, perché la scelta e la strada che seguiranno potrà anche essere molto dolorosa e noi la dobbiamo rispettare.

PULP WEDNESDAY ovvero POLLICE VERDOLINO

Pentapata questo è lo stato della nostra unica pianta di casa. Non dirmi che non è pulp...


Le foglie che mancano ce le ha ancora in bocca Gnomo Tre.

lunedì 28 marzo 2011

TRA PARENTESI ovvero DIVIDERSI

Siamo andati al mare. Io, Gnomo Due e Tre e i nonni.
Siamo partiti giovedì lasciando a casa il signor K. e il grandone Uno.
E così, Stima, ci siamo goduti i due giorni di sole.
Gnomo Due, al solito, lavorando di brutto:


E Gnomo Tre protestando, sempre, comunque, con la sua candelina al naso perenne, la sua voglia di menare tutto e tutti, il nervoso da mare sottopelle, e soprattutto borbottando perché non si fa una ragione del fatto che la sabbia non sia proprio buona da mangiare (e allora cambia zona e riprova ad assaggiare):


E per la prima volta il sole che spacca, il profumo di crema, i secchielli e le palette ritirati fuori, non possono nulla... Nemmeno il raccolto di limoni... Quindi è grave, proprio grave.


Penso e ripenso alla nostra famiglia a metà. Guardo l'ora e penso che Gnomo Uno è a scuola. Sta facendo la merenda. Esce, pranza con la nonna. E tutto il giorno è un po' così e mi dispiace che non ci sia. 
La scuola complica le cose e avendo la fortuna di avere la possibilità di andare, mi spiace tenere a casa i due piccoletti impiastricciati con le peggiori otiti, dermatiti e altre carogne di cose che finiscono per "...iti". L'Uno ha già fatto i suoi lunghi fine settimana, s'è goduto i nonni al mare, è andato e tornato mille volte e gli altri due quasi niente. Quindi, mi dico, è giusto. Hanno bisogno, e poi pensa al rapporto che si consolida tra Uno e K., al cinema insieme e poi poc-corn libero e assaltoni a manetta. 
Però lui è là e io sono qua. 
Che cavolo vederli diventare grandi e accorgersi che piano piano si staccano. Che non tutto verrà condiviso. Che loro faranno esperienze diverse senza la nostra presenza è un po' assodato ed è anche una cosa bella, a pensarci. Quello che mi tramortisce è il pensiero di quello che faremo io e K. senza di loro e questo mi rende già malinconica.

mercoledì 23 marzo 2011

BUIO IN SALA ovvero ORIZZONTI DI GLORIA

Mamma C e Mamma F, sono tempi strani, difficili. E così anche i pensieri si fanno un poco più pesanti.
Oggi propongo un film in bianco e nero. Definisco subito il colore, perché per lo spettatore fa molta differenza. Gnomo Uno crede che la mia infanzia sia in bianco e nero, perché è stata tanti anni fa, "come i film vecchi", mi dice. Io gliel'ho spiegato, ma non penso che creda nella mia fanciullezza in technicolor.
Io adoro il bianco e nero.
E poi questo non è un film. E' il Film.

Orizzonti di Gloria di S. Kubrick (1957)

Kirk Douglas e Stanley Kubrick sul set.
Lui, Il Regista: Penso che un artista sia veramente tale quando la propria genialità strabordi rispetto all'opera. Si contano sulle dita di una mano i grandi registi. E senza dubbio il primo è l'immenso Stanley Kubrick. Gira questo film a 29 anni. Sì, potete rimettervi sulla sedia se siete caduti, aveva proprio 29 anni. La sua pur breve filmografia è arcinota, sebbene i suoi primi film siano sicuramente i meno visti. Ma in Il bacio dell'assassino, Rapina a mano armata e Orizzonti di gloria c'è tutto il Kubrick successivo. Io ve li consiglio.
Il bianco e nero di questo film è così perfetto, puro, poetico. Non dimentichiamo che Stanley prima di tutto era un fotografo. Vale la pena guardarlo anche senza audio.

Lui, l'attore: Kirk Douglas nel pieno del suo splendore. Faccia da tormentato, da vibrazioni. Si sente che tra i due (Stanley e Kirk) scorre quel qualcosa che rende speciale le relazioni. E dopo, solo dopo, abbiamo saputo quanto difficile fosse lavorare col regista, già a trent'anni.

Lei, la trama: qui trovate quella esaustiva. In sostanza è un film sulla guerra, sulle perverse deviazioni a cui conduce, sul peso della sorte, sulla morte della dialettica, ma anche sulla compassione. 

Concedetemi due video. Solo per onorare questo capolavoro.
Il primo è una carrellata di quasi un minuto e mezzo, a procedere e a seguire. Le famose carrellate di Kubrick. Guardate i soldati, prima sparsi ai lati della trincea, poi, man mano che le bombe crepitano, sempre più immobili e schiacciati, si fanno fango e roccia. 



Il secondo è la scena finale del film: la brutalità del conquistatore, la figura della donna in guerra, la violenza fatta anche di sguardi, e la consapevolezza che nei bassofondi vincitori e vinti sono sulla stessa barca.



Il titolo del film è tratto da Elegy Written in a Contry Churchyard di Thomas Gray:

Il vanto dell'araldica, la pompa del potere
e tutto ciò che la bellezza, tutto ciò che la ricchezza hanno mai dato
attende allo stesso modo l'ora inevitabile:
gli orizzonti di gloria non portano ad altro che alla tomba.

lunedì 21 marzo 2011

PIC-NICCOMPLEANNO

Nascere intorno alla primavera, quando gli ormoni si destano dal torpore, fa fare cose strane, Stima. Tipo organizzare un pic-nic anche se il meteo non ti sostiene.
E' durato solo un'ora, il pic-niccompleanno più corto del mondo (poi tutti a casa!!). Ma è stato così bello.
Era una giornata di doppio festeggiamento: alla nostra scalcagnata Italia, con gli auguri dei bambini delle scuole.


E al piccolo Gnomo Tre, che non si è schiodato dalla scatola dei viveri...


Passavano pure gli aerei che trasportavano gli alianti...


MENU'

Fragole
Pane e marmellata
Pane con gocce di cioccolato
Focaccia
Pistacchi
Crostata di marmellata di lamponi

E anche se alla fine sei giunta, pioggia carogna, a noi l'umore non l'hai cambiato. E i bambini il giro in bici se lo sono pure fatto. Tiè!

SHARE ONE DAY ovvero IL MIO CUSTODE

Cara Palmy, mi accorgo solo ora che già con passati dieci giorni dal lancio del tuo Share One Day. Ma il tempo mi sfugge, sempre più. Mi sembra di correre sempre più velocemente, ma di non arrivare comunque mai.
Io mi sposto in macchina. Lo so, non è eco, per niente. Ma quando abiti in una piccola cittadina in collina, beh, tutto diventa più difficile. Anche perché noi portiamo i nostri bambini in un altro comune a scuola. Quindi la mattina scavalchiamo la collina, uno di noi a turno accompagna i due bambini più grandi mentre l'altro accompagna il più piccolo dalla nonna. E poi di nuovo su e giù per andare a lavorare.

Il nostro primo incontro è con un ragno mostruoso. Che però sta lì, immobile. Diciamo che è diventato il guardiamo della strada lunga. Quando piove è più pauroso.


Poi arriviamo nel punto che amo di più. Si percorre una curva verso destra e alla fine si apre un campo con una cascina sullo sfondo. 


La tipica cascina lombarda. Davanti il campo di mais. Dietro i boschi. E di fronte un altro bosco recintato che in questi giorni si presenta così.

Timide primule...
E così ricomincio lo scollinamento. Non ho fotografato le strade zeppe, i marciapiedi rotti, nè i centri commerciali ancora chiusi a quell'ora. L'ho guardata e riguardata in questi giorni, e solo rivedendo le fotografie che ho fatto per il post che mi accorgo di aver scelto i bordi della città. Di preferire la periferia che si mischia con i prati e i boschi, di notare e annotare i cambiamenti delle stagioni attraverso la strada che mi porta al lavoro.


Tra poche settimane questa strada che mi porta in ufficio sarà verde smeraldo. Là in fondo ci sono i capannoni brianzoli, grigi prefabbricati. Quelli piccoli tutti in fila. Ma fin quando non si vedono, molto spesso m'immagino che la strada sia immersa nel verde per chilometri e chilometri. M'immagino come doveva essere la Brianza che mi raccontava mia nonna che invece veniva da Milano, nel primo dopoguerra.
E poi, Palmy, ti svelo un segreto. Io ho un custode.


In fondo alla casa bianca c'è un tavolo vecchio con sopra una tovaglia di plastica sbiadita. Io me la immagino così. Sopra il tavolo c'è un tetto di legno e poi una panchina, e due sedie spaiate, figlie di traslochi e di soffitte impolverate. Nel prato davanti dorme sempre un gatto bianco e nero. Lo vedi perché è enorme. E vicino le galline scorrazzano. Tutto questo lo vedi, anche se passi in macchina, perché quelle due case sono affascinanti, col trattore sotto il portico e la legna ben accatastata. 
Nelle belle giornate, seduto sulla panchina c'è un signore anziano col cappello. Guarda il gatto? Guarda me? Guarda me e il gatto. Così m'immagino io. Io passo e vado, ma so che lui è lì e questo in qualche modo mi rassicura. Servono a questo i custodi, no?

venerdì 18 marzo 2011

I VENERDÌ DEL LIBRO ovvero PAPER BOOKS

Gentile Paola, sabato scorso ho fatto una cosa che non facevo da molto tempo. Entrare in una libreria senza bambini. Ti dirò di più, entrare in un Libraccio, che probabilmente tu conosci bene perché era proprio quello di Como.
Il Libraccio, per i pochi che non lo sanno, è una catena di librerie che vende anche libri usati. Nel mio passato di studentessa squattrinata il Libraccio era un must. Sabato ci sono rientrata dopo anni e ho trovato una libreria più classica e meno libri usati. Un segno dei tempi.
Ne ho comprati due di usati. Li sto guardando adesso e ancora mi chiedo perché i vecchi proprietari li abbiamo rivenduti.

Olivia di Ian Falconer


Olivia ce l'ha fatta conoscere una nostra amica e subito, l'intera famiglia ne è rimasta folgorata. Ehi, attenzione, esistono i cartoni animati di Olivia, molto carini. Ma è come confrontare le strisce dei Peanuts con i cartoni dei Peanuts. Belli, certo, ma con un fascino decisamente minore. 
Olivia è una maialina piena di fantasia, che vorrebbe fare la ballerina di musica classica. E' bambina all'ennesima potenza, sfido chiunque a non ritrovare in Olivia un atteggiamento, un modo di fare dei propri bambini. Illustrazione magnifica: tonalità del grigio e rosso.
La tipica mattina di Olivia:
Tutte le mattine, dopo essersi alzata, aver spostato il gatto, essersi lavata i denti, pettinata le orecchie, rimesso a posto il gatto, Olivia si veste. E passa in rassegna l'intero guardaroba.


Io non me ne faccio una ragione. Lo tengo lì sullo scaffale, nel caso il proprietario lo rivolesse glielo darei senza battere ciglio. Forse non l'ha letto bene.

La paga del sabato di Beppe Fenoglio

Mentre ero lì che stavo per pagare, mi ha attratto lo scaffale delle prime edizioni. Soprattutto questo titolo. L'ho preso in mano, l'ho aperto, ho visto la meravigliosa edizione. L'ho rimesso a posto. Chissà quanto costa... Poi la fila era lunga e l'ho ripreso, l'ho riaperto. Intanto era il mio turno. 

Scusi quanto viene?
22€. E' una prima edizione. 1969.
...
Lo metto da parte?
No. Lo prendo.
Con la nostra tessera fa 15€.
!!

Lo sto leggendo. L'ho iniziato questo piovoso pomeriggio di festa. Avrei voluto finirlo, ma la numerosa prole non me l'ha consentito. Ma è lì che mi aspetta.
Il partigiano Johnny secondo me è un capolavoro. Una scrittura asciutta, che incide. E così questo libro che parla della difficoltà di un ventenne nel ricominciare a vivere dopo aver fatto il partigiano.
Lui, che ha rischiato la vita, ha comandato più di venti uomini, ha impugnato armi, deve accettare il lavoro da impiegato nella fabbrica di cioccolato (!!).
Queste le sue parole prima di decidere se varcare il cancello:
Ecco là gli uomini che si chiudevano fra quattro mura per le otto migliori ore del giorno, tutti i giorni, e in queste otto ore nei caffè e negli sferisteri e sui mercati succedevano memorabili incontri d'uomini, donne forestiere scendevano dai treni, d'estate il fiume e d'inverno la collina nevosa. Ecco là i tipi che mai niente vedevano e tutto dovevano farsi raccontare, che dovevano chiedere permesso anche per andare a casa a vedere morire loro padre o partorire loro moglie.
Gulp. Amaramente disperato.

L'ho pagato quasi come l'ultimo di Wilbur Smith, senza nulla togliere.
C'è un gran parlare di e-book, ipad e via dicendo. Non ragiono come mia nonna e non penso male delle novità tecnologiche. La Storia insegna. La televisione non ha fatto morire il cinema. Internet non ha fatto morire i quotidiani. L'e-book non farà morire i libri.
Però non ditemi che leggere un libro su uno schermo sia la stessa cosa. Perché aprire quel libro lì sopra, per me è stata un'emozione. Togliere la sovracopertina e rimetterla. Notare il lieve ingiallimento dei bordi delle pagine. Annusare il libro. Avere in mano una prima edizione.
L'ipad mi consentirà di avere molto a portata di mano. Ma leggere diventerà un'occupazione legata, di nuovo, alla presa elettrica. Mentre un libro è tutto lì.
Basta un rivolo di luce e magari un'ora di mamma in pausa bambini...

giovedì 17 marzo 2011

PATRIA o MATRIA ovvero SULL'INVENTARE NUOVE PAROLE

E' stato K. a sollevare la questione. La parola patria qui in Italia a molti fa un po' specie. Si porta dietro un retaggio negativo. E' d'altronde vero che in nome della patria e della bandiera si sono fatti massacri su massacri, e la Storia ne è piena di esempi. E' però pur vero che questo compleanno dell'Italia, come lo chiama Gnomo Uno (Gnomo Due: "Ma quanti anni compie la Italia?" Gnomo Uno: "150!" Gnomo Due: "Più della nonna bit!!!! Impottibile...."), può essere l'occasione per riconciliarci.
E allora a K. è venuta l'idea di chiamarla la nostra Matria, da mater e non da pater.

W la matria Italia!!!
Cambiare le parole e inventarsene di nuove, a volte in Italia sembra l'unica soluzione. Ma voi non siete stufi di sentire parlare di berlusconismo e anti-berlusconismo? Di destra e sinistra? Di decentramento? Di rafforzamento di governo? Di giustizialisti (?????)? Di inadempienza? Di patto trasversale?
BASTA!!!
Io non ne posso più! Almeno cambiatele ogni tanto, non ripetete sempre le stesse cose vi pregooooo. E dico a tutti eh, proprio a tutti!
E dunque sapete cosa vi dico, che il termine matria proprio ci sta. Che mi fa venire in mente più che una mamma una nonnetta, tutta storticella, col mal di schiena e la faccia sempre scontenta, che impreca ad ogni passo, incapace di procedere e che pensa ai bei tempi andati, quando era giovane e tutto filava dritto. Non so voi, ma io quando tutto filava dritto non ero ancora nata e con questa nonnetta storta ci sono cresciuta. E mi dispiace vederla sbraitare in mezzo alla strada, mi dispiace veramente tanto e allora noi la bandiera la mettiamo al balcone, così se passa di qui, magari un mezzo sorriso ci scappa.
Oh, matria... povera matria.


La primavera intanto, tarda ad arrivare...

mercoledì 16 marzo 2011

BUIO IN SALA ovvero GENOVA

Ho già scritto qui, care Nate, quanto io ami Genova. Non mi sono mai applicata più di quel tanto per cercare un perché. Ho sempre vissuto quella città come un piacere puro e svincolato dall'intelletto.
Poi, domenica, ho visto questo film e ho capito.

Genova di Michael Winterbottom


Lei, la trama: E' la storia dell'elaborazione di un lutto in una famiglia. La madre muore e il padre e le due figlie devono affrontare il baratro. Decidono di cambiare città per un anno e da Chicago, vanno a vivere a Genova. 
Lui, il regista: Se dovessi dire solo due parole su Winterbottom, direi che è quello che gira quasi tutti i suoi film con la camera a spalla e Genova non mente. Mai un cavalletto, mai un'immagine ferma, sempre in movimento a seguire i personaggi, carpirne le parole, svelarne gli sguardi più celati. E' un regista "impegnato", che affronta sempre temi ostici, controversi (Benvenuti a Sarajevo, Road to Guantanamo) e questo non è da meno.
Lui, l'attore: E' il suo anno, è l'anno di Colin Firth, protagonista di questo film. E continuo così con la carrellata degli attori che amo di più. Io l'Oscar glielo avrei dato già per A Single Man. Passa attraverso personaggi così diversi, e pure così reali. Grandissimo.
Il backstage: Questo è un film girato senza troupe. Niente direttore delle luci, niente scenografo, niente comparse. Solo una truccatrice e una costumista. La casa dove vivono il padre e le ragazze è stata arredata da loro. Winterbottom ha dato loro dei soldi prima di girare e l'hanno arredata. Il film è girato in digitale. Ecco, con una videocamera un po' più bella di quella che usiamo per i filmini dell'estate. That's cinema!!
Dentro il senso: il centro storico di Genova è tortuoso, labirintico. Non sai mai cosa aspettarti alla fine di un vicolo e che meraviglia quando in fondo scorgi il mare. Le strade di Genova come le anime di queste tre persone, così amorevolmente unite e così sole di fronte all'enormità del lutto. Il dolore è fatto di solitudine, ne ha le sembianze. Un film senza lacrime. Un film sempre in bilico. Sembra che alla fine della stradina possa compiersi un'altra tragedia e invece non accade. Un film, come dice Firth in un'intervista "che ti lascia addosso il sale sulla pelle". Il sale del mare di Genova. Che è quello che li salverà.

L'ORDA DEI BARBARI... LEGGE

Pentapata, noi leggiamo per terra. Si vede?

martedì 15 marzo 2011

GNOMO TRE ovvero SULLA MISURA DI UN BAMBINO

Le sue misure sono queste: 80cm di altezza. 9kr e 600 gr di peso. Sono misure perfette per essere preso in braccio. Quando lo prendi su un lato, per poter cucinare con l’altra mano, lui mette una manina intorno al collo e accarezza i capelli e non ti ingombra, perché i piedini arrivano giusti alla tua vita. Quando ti siedi e lo fai sedere sulle tue gambe, non avanza. Ci sta tutto lì, sopra di te. 


Ehi, non dirmi che sono sempre al telefono...

Della nascita dei miei tre bambini ho dentro di me solo ricordi sensoriali. Ad ognuno associo un profumo che c’era nell’aria in quel momento dell’anno, una certa luminosità (che luce Gnomo 3, quando sei nato tu...), dei rumori anche. Quando sono diventata madre tutto improvvisamente ha frenato, il tempo in quei primissimi giorni ha rallentato il suo corso e io mi sentivo come sospesa, ovattata. Ho fatto tre cesarei, e sarei ipocrita se dicessi che questo non ha influito, ha influito eccome, anche proprio su questo rallentare. Alzarsi dal letto lentamente. Con calma rimettersi in piedi. Con pazienza camminare, diminuire la velocità dei gesti quotidiani. Sedersi sulla sedia accanto al letto con quel fagotto in braccio e stare lì, semplicemente godersi il paesaggio suburbano del parcheggio dell’ospedale tagliato da quella luce di marzo. Il caso ha voluto che tutti e tre nascessero tra la primavera e l’estate, dunque questo periodo già così carico, per me diventa emotivamente esplosivo.


Una mia grandissima amica dice che anche l’essere mamma ha un’età. C’è la mamma che ha quindici giorni, la mamma che ha sei mesi, la mamma, come me, che ha sei anni e mezzo e poi la mamma, come la mia mamma, che ha quarantaquattro anni. E questo fa differenza che ci piaccia o no. 


Quindi il fatto che abbia un bambino di un anno, non mi fa una mamma di un anno e questo a me piace proprio. Ho una serenità, una spensieratezza con il mio Gnomo Tre che non avevo per niente con Uno e che ho sfiorato con Due. Mi godo la nostra relazione minuto per minuto senza paure, senza troppi pensieri, senza le menate metafisiche cui ti costringe, suo malgrado, il primo figlio. Le tensioni si allentano, i nodi si sciolgono e rimane solo l’essenziale.



Non ho un’età preferita, ma i 12 mesi mi spezzano. Questi sono i mesi in cui capiscono tutto quello che voi dite, ma non parlano. La relazione è di fatto tra un essere umano adulto che perennemente parla, e un essere umano cucciolo che perennemente ascolta e ogni tanto tenta di dire. Cioè una relazione decisamente buffa. Un uomo in nuce che non parla e non cammina, ma che è già l’uomo che sarà. 
Gnomo Tre ride. Per niente, ride. Mi pettino e ride. Faccio il letto e ride. A casa diciamo che si è fatto un grappino, perché a volte non capiamo perché rida...


Gnomo Tre osa. Cerca di aprire la porta di casa per andarsene. Sale sul tappeto elastico e tenta di saltare. Prova a salire sulla bici di legno del fratello.
Gnomo Tre non accetta le sconfitte. Se non riesce a mettere il legnetto nel cassetto urla come l’incredibile Ulk. Se non riesce a prendere una cosa, ne prende un’altra e la lancia. 


E poi c’è questa cosa della misura. A questa età sono in misura per essere presi in braccio. Più che da piccini che sono tutti mollicci e la testa gli penzola. Più che a sei mesi, dove non hanno ancora la malizia di farti vedere il piacere che provano. A dodici mesi loro in braccio sono felici e te lo dicono. Gnomo Tre mi accarezza e quando lo prendiamo in braccio di notte per riaddormentarlo, lui ride, di nuovo. 
La grammatica del gesto affettivo abbozzata in quei sorrisi sdentatoni, in quelle manine coi buchi, in quell’abbandonarsi al sonno tra le braccia.
Buon compleanno mio terminator!

lunedì 14 marzo 2011

COME USARE LE TEMPERE CON I BAMBINI per più di 5 minuti

Diciamocelo, Stima. Se è domenica, la prima dopo una lunga serie di malattie, se piove, se il giorno prima i vostri pargoli si sono sfiancati all'ultima sfilata, se inaspettatamente il vostro più piccolo essere che circola in casa dorme ininterrottamente nel bel mezzo del pomeriggio, allora bisogna godersela. Togliersi il pigiama alle 15. Fare merenda alle 18. E colorare, colorare, colorare...
Ci siamo inspirati a questo stupendo libro che circola già in molti blog:


Perché il problema quando si prendono in mano strumenti pericolosi quali tempere, forbici, pennelli, è che i bambini si buttano a capofitto nel capolavoro, per poi finire 6 minuti e mezzo dopo e con la povera mamma che deve rassettare per un'ora.
Dunque, ti faccio vedere come ci sono passate serene le nostre due ore pomeridiane (ehi, sì, hai letto bene, DUE!!).
Abbiamo iniziato con un classico: due goccie di colore sul foglio e via di cannuccia...




Come spesso accade, la cosa difficile in questi lavori è convincere i bambini a fermarsi. Loro continuerebbero senza sosta ad aggiungere colore, a soffiare fino a rompersi le guance.
Ora, le tempere avanzate erano tante... come proseguire?
Prendere una spugnetta, tagliarla in quattro, come il numero dei colori, cambiare foglio e... tamponare, strofinare...



Bello. Ci ha dato molta soddisfazione.



Poi abbiamo pensato di usare la carta colorata con le tempere, per vedere un po' e sono nati questi mostri:



La tecnica dello strappo della carta la amo. Intanto aiuta i bambini nella manualità, perché troppo spesso usano le forbici per tagliare, mentre la carta strappata ha un fascino incredibile.  E poi crea movimenti inaspettati con cui giocare. Abbiamo pensato che le tempere no. Meglio i pennarelli uniti ai pastelli a cera.
Infine avevamo la cucina piena di pezzettini di carta rossa e azzurra e dunque, ta daaa:

Razzo Gnomo Due

Razzo Gnomo Uno
Infine l'Uno ha desistito, mentre Gnomo Due ha continuato a produrre, perché comunque lui rimane il nostro homo faber.


Bello avere la casa piena di opere ad asciugare. Bella domenica. Quando la pioggia ha un senso.

Aggiornamento del lunedì pomeriggio...

venerdì 11 marzo 2011

I VENERDÌ DEL LIBRO ovvero DI PAURE...

Homemademamma oggi vado di libri per bambini.

Urlo di mamma di J. Bauer


Oggi mi sento un po' come questa mamma pinguino. E' una mamma che un giorno sgrida così forte il proprio bambino pinguino, che lui va in mille pezzi. E' lei, con sensi di colpa, comincia pazientemente a ricomporlo e cucirlo: un becco nel mare, un culetto sulle montagne e via fino alla riconciliazione. Libro senza parole e per rimanere senza parole. Quando poche pagine raccontano più di un interno blog.



Papà! di P. Corentin

Quante notti insonni passano i nostri pargoli pensando di avere nel proprio letto un mostro? E se a un certo punto il mostriciattolo ci fosse veramente? E se anche il mostriciattolo avesse paura del bambino che si ritrova nel suo letto?
Una storia da leggere dalla parte del bambino e dalla parte del mostriciattolo. Che alla fine trovano la soluzione per dormire sereni. Abbracciandosi.



giovedì 10 marzo 2011

SENTIRE vs ASCOLTARE

Non è proprio la classica coppia dicotomica, Stima, e nei diritti dei bambini ne avevamo già parlato.
Noi amiamo molto ascoltare le storie. Lette dal vivo, o ascoltate dal cd. La svolta la abbiamo avuta con una collana di fiabe classiche con cd del Corriere della Sera veramente bella. Storie originali, una ventina di pagine, una ventina di minuti di ascolto. Se il viaggio in macchina supera la mezz'ora, le fiabe sono d'obbligo, come l'acqua.
Ogni tanto Gnomo Uno si attartaruga sotto la tv e ascolta. Gnomo Due costruisce col lego e ascolta.


Sentire sentiamo tutti i giorni. Cioè le orecchie sono sempre accese, ma spesso è come se fossero in stand by. I rumori di sottofondo li lasciamo lì a fare contorno, la radio in macchina è accesa e non te ne accorgi... Se hai imparato ad ascoltare te ne accorgi soprattutto da grande. Molte persone con cui parlo, spesso hanno gli occhi (perché gli occhi hanno un filo che li collega alle orecchie) da orecchie in stand by. E' uno sguardo che sfugge, uno sguardo che pensa non a quello che stai dicendo ma a quello che ti deve rispondere.
Nel mio lavoro con i bambini raccontando storie ho capito che per parlare loro senza richiedere particolari sforzi e cercando di farlo con le orecchie stand by, si può farlo anche in piedi. Si alza la voce, si scherza con loro, si gesticola e il gioco è fatto. Ma se volete dire loro una cosa importante veramente, sedetevi, mettete il vostro viso alla stessa altezza del loro e guardateli negli occhi. Improvvisamente le loro orecchie si accenderanno...
Lo stesso metodo lo uso con i miei bambini. Se devo dire loro una cosa importante, mi inginocchio e li guardo. Alla fine, a ben pensarci è anche una forma di rispetto nei loro confronti.
Ogni volta che penso alla potenza della mia posizione, del mio metro e settanta rispetto al loro metro e dieci, mi viene in mente questo:



mercoledì 9 marzo 2011

BUIO IN SALA ovvero LE ACROBATE

Care Nate, continuo sul tema di ieri. Lo so, mamma F, che Pane e Tulipani non ti ha entusiasmato. Ma prova a vedere questo!!

Le Acrobate di Silvio Soldini (1997)


Perché un uomo racconta di quattro donne. 
Perché Valeria Golino e Licia Maglietta sono straordinarie (ehi, ma le abbiamo anche noi le attrici brave!).
Perché è un film da Treviso a Taranto.
Perché inizia con un dentino da latte che cade.
Perché parla del disagio, ma con leggerezza e poesia.
Perché c'è Fabrizio Bentivoglio. (eheheheh!)
Perché l'ho visto al cinema a ventidue anni e già mi sentivo acrobata. Non vi dico ora, so fare volteggi incredibili...
Perché ogni tanto bisogna pur vedere un film che non si riesce a trovare su youtube.
Qualcosa qui, una recensione che finisce dicendo: "... appartiene all'infelice categoria dei film che non si consumano, ma durano".

DR JEKYLL e MR HIDE ovvero DISPENSA

Resta di stucco, Pentapata, è un barbatrucco!!

Chiusa. Decente.


Aperta. Oscena.

martedì 8 marzo 2011

GRAZIE SIGNORE!!!

Giuditta Bellerio Sidoli
Dolores Ibarruri
Nilde Iotti
Alda Merini
Rigoberta Menchù

Simone Weil
Natalia Ginzburg
Maria Montessori
Camille Claudel
Tina Modotti
Marlene Dietrich
Anna Frank
Rosa Luxemburg
Nina Simone
Aung San Suu Kyi
Wangari Maathai

... e ancora

Alice (nel paese delle meraviglie)

Lucy
Mafalda


Grazie Alessandra:

Madre Teresa
E grazie Cla, come ho potuto dimenticarla...:

Hebe De Bonafini


Un elenco parziale, molto parziale. Volti di donne bellissime, intelligenti, sensibili, battagliere. Grazie a tutte voi.
Se avete voglia di aggiungerne qualcuna, vi prego fatelo nei commenti. Ve ne sarò grata.
Buon otto marzo.
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