lunedì 31 gennaio 2011

SUL FARE QUALCOSA ovvero L'INDIGNAZIONE DA SALOTTO

Mettiamola così... io e K. usciamo da un paio di settimane un tantinello intense. Soprattutto per lui, lo ammetto, ma di conseguenza anche per me. Come ho già scritto da qualche parte, lui si occupa anche di politica e le sere di questi benedetti 15 giorni sono state dedicate quasi tutte alla causa.
Le varie vicissitudini della nostra politica italiana, che sembrano più che altro un film erotico-impegnato degli anni '70 e la grave tragedia che sta colpendo i paesi dell'Africa del Nord, mi fanno sorgere una domanda. Ma io cosa penso della Politica? E come la voglio raccontare ai miei figli?

Rappresentazione iconografica del cervello di K.
Ogni tanto K. quando è stanco e deluso della sua partecipazione attiva alla politica, mi dice che vorrebbe che andassimo a vivere nel posto più remoto del mondo (EH?? Io??) e che io sì che sono d'esempio ai nostri figli, perché è con fatti che si fa politica, portandoli al bio sotto casa, parlandogli di riciclo, andando a ritirare le verdure al GAS, organizzando merende a scuola, ecc...
Ecco, in questo frangente il mio ego di mamma si gonfia come una mongolfiera, ma poi penso che no. Non è vero, o meglio, è vero in parte. Perché la famiglia, per quanto ci giriamo in tondo, non è una democrazia, e i nostri figli fanno così perché noi abbiamo scelto per loro, diciamo che li stiamo portando per mano lungo un sentiero che noi abbiamo spianato. Non parlerei di politica.

Letture di K.
Penso che insegnare ai bambini che la politica sia una cosa sporca, che infetta e che fa marcire proprio non ce la posso fare, anche se il quotidiano porterebbe a questa facile visione delle cose. Penso che la politica sia metterci la faccia per un'ideale più grande e condiviso, facile agire solo nel proprio nido...
Penso anche che la politica debba essere pragmatica, ma non quel: "Oh signor K., ma ha visto la piazza?? Ma non si può fare qualcosa? Ma non fate niente??". Io a questo risponderei con: "Ma accidenti ma se è un mese che il signor K e i suoi scrivono articoli, fanno serate, chiedono firme... e allora!!! E allora!!! Ecco, sai cosa ti meriti, di scivolare anche tu su quella lastra di cemento gelata che vi ostinate a chiamare piazza!!! Chi hai votato eh? Dai, dimmelo!!" e invece lui risponde: "Eh sì, è da un po' che ci muoviamo per cercare di capire come affrontare........" ecc. ecc.
Ecco, fare politica vuol dire mediare pazientemente, andare avanti e poi, se qualcuno s'è perso per strada ritornare indietro e riparlare, altro che la sciarpa che sto facendo a lana... la politica è un lavoro di fine cesellatura.
La politica è anche osare incamminarsi su sentieri nuovi e non continuare a guardarsi le spalle, superare la guerra fredda degli anni '50 è lecito nel 2011, no?

Scrivania di K. - parte 1
La politica a casa mia toglie tempo a un papà. E questo spesso mi fa arrabbiare. E visto che è troppo difficile spiegare a dei bambini di 3 e 6 anni dov'è il papà, il papà nel loro immaginario è sempre in riunione. Ma riunione di cosa? Ma perché parla sempre? Ma perché sempre quando è buio?
Però. Quando siamo a tavola, la sera, e parliamo di quello che succede nel nostro piccolo paese o in quello grande, ogni tanto mi scappa un "bisogna fare qualcosa..." e K. mi guarda con gli occhi da cui passa un lampo che dice: "oh no, anche tu", ma se ne va subito e poi aggiunge: "cosa possiamo fare che non abbiamo ancora fatto? Dai, pensaci anche tu..." e il giro ricomincia. 

Scrivania di K. - parte 2
Forse l'esempio sarà la risposta alle domande che mi sono posta. Come racconto la politica ai miei figli? Raccontando quello che fa il loro papà. Semplicemente.

Alla fine della campagna elettorale, tre anni fa, l'ultima sera, stremati da un tour de force allucinante, attaccati da destra e sinistra senza sosta, la lista civica fece una festa nel centro della nostra città. K. prese il microfono per ringraziare e suo figlio maggiore, che come suo padre quando vede un microfono non capisce più niente, glielo soffiò in un volo annunciando che il giorno dopo saremmo andati tutti a Gardaland. Tutti, ma proprio tutti tutti. Aveva scambiato quelle persone che avevano condiviso un sogno politico in amici con cui andare nel posto per lui più bello al mondo. Forse anche questo scambio è fare politica.

5 commenti:

  1. urca. parlavamo di questa cosa ieri sera a cena. e parlavo di voi a M. , ti giuro.
    Lui è molto appassionato, si infiamma nell'analisi e cavilla. Cambia spesso idea.
    Io fatico ad appassionarmi ma da quando c'è g. seguo molto di più. Però sono emotiva e finisco sempre per fare analisi di linguaggio, mi perdo l'insieme.
    mmmmmm mumble mumble...

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  2. io sono cresciuta con dei genitori che non mi hanno mai parlato di politica,ad ogni mia domanda la loro risposta:
    tesoro,guarda tutti i telegiornali,tutti.poi parla con le persone,di tutto.un giorno,da sola capirai cos'è la politica,chi è la politica e deciderai da te.
    e così ho fatto,sinceramente anche con tanto orgoglio per aver imparato da sola e con il mio cervello.
    su quel lato a casa mia quindi...democrazia assoluta!
    ^_^

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  3. Anche a casa mia democrazia, anche se in realtà parlando e commentando, è inutile negare che la propria idea è "influenzata" da quelle dei genitori. Stamattina parlavamo con le colleghe di queste ragazze che si svendono (qualsiasi sia la cifra, anche 5milioni, sono una svendita della propria dignità) e spesso i genitori sanno e approvano. Credo che al di là dell'idea politica, nostro dovere è farli crescere con dei valori, quelli restano a prescindere dall'idea politica

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  4. @Stima: come avrai capito, anche da noi il passionale-politico è lui... io tendo al privato, lui al pubblico...
    @Luby: questo è l'atteggiamento che in realtà noi stiamo applicando ad un altro "tema caldo": la religione...
    @Carlotta: mi trovo molto d'accordo, l'approvazione dei genitori in quelle circostanze è forse l'elemento più sconcertante...

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  5. Grazie per questo post che sicuramente fa riflettere molti che leggono.
    Io sono dell'idea che bisogna impegnarsi su diversi livelli: quello piccolo all'interno del proprio nucleo familiare, "facendo politica" nelle abitudini e nei gesti, come la raccolta differenziata e tutte le altre cose che sappiamo si possono fare; poi su un livello piú grande come il proprio comune o la frazione in cui si vive o la provincia - che sia dall'impegno in consiglio comunale oppure con la partecipazione diretta o in associazioni ecc., ognuno poi trova il modo in cui si trova piú a suo agio; e poi, sí, é importante anche il livello piú grande ancora, quello nazionale e europeo e globale, lí le cose sono piú difficili perché ti sembra di essere solo una piccola formica... peró qui il cerchio si chiude, perché ció che facciamo nel piccolo ha sempre anche un impatto (anche se invisibile) sull'Insieme piú grande...
    Io penso che anche tenere un blog e raccontare ció che si vive o si pensa possa far parte di tutti questi livelli perché aiuta a riflettere e fare le scelte in modo piú consapevole, questo é sempre il primo passo...
    un abbraccio
    S.

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